Micromega e Paolo Florais d’Arcais, i simboli dell’intellighenzia giornalistica di sinistra dai toni garbati, si scagliano contro la sardina col velo islamico (al secolo Nibras Asfa, di cui vi abbiamo parlato in questo focus giusto ieri, ndr) e la paragonano al crocifisso nelle scuole. «Sono simboli di oppressione», attacca il filosofo e professore sull’approfondimento dedicato alle Sardine sul suo portale MicroMega. «Per una sinistra illuminista», campeggia sul sito online e sulla rubrica di Repubblica, e come tale la tesi avanzata da Flores d’Arcais fa proprio leva sul predominio della ragione “giusta” contro l’eccessivo di “cattiva” religione. E così l’Islam, quando vuole “imporre” simboli alla collettività si ritrova ad essere alla stessa stregua del cristianesimo, se non peggio (qui la vera “novità” di MicroMega per anni schierato contro la Chiesa di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI): «il velo islamico è un simbolo di oppressione. Al quadrato, anzi. Oppressione della religione sulla legge civile, a cui pretende di imporsi, violando quella precondizione della democrazia che è il principio di laicità dello Stato. E di oppressione dell’uomo sulla donna, quando la religione islamica pretende di prendere più o meno alla lettera il Corano e la Sura IV, “delle donne”, appunto», attacca Flores d’Arcais facendo riferimento a NIbras, la sardina islamica salita sul palco di Roma sabato scorso per attaccare la cristiana Giorgia Meloni.



L’ATTACCO DI MICROMEGA E LA “LAICITÀ”

Flores d’Arcais difende Fratelli d’Italia e i cattolici? Non esageriamo, è sempre una questione di “illuminismo”: «le sardine hanno ripetuto prima di ogni manifestazione che la loro bussola, la loro bandiera, la loro stella polare, era non solo la Costituzione italiana, ma il dovere di realizzarla perché in realtà largamente disattesa dai governi che per oltre settant’anni si sono succeduti nel nostro paese. E tra i valori della Costituzione (largamente disattesi, e che le sardine vogliono invece rendere REALI) ci sono l’eguaglianza delle donne con gli uomini e la laicità delle istituzioni», scrive ancora MicroMega, che calca la mano citando addirizzo la Divina Commedia «le sardine non possono enunciare come programma l’attuazione della Costituzione, e poi affidare questo messaggio a una donna che indossi il velo islamico. “Per la contraddizion che nol consente” direbbe padre Dante (Inferno, XXVII, 120)». Non viene contestato il significato privato che molte donne islamiche nutrono con quel tipo di scelta, ma viene messo in discussione il significato “pubblico” (per il consueto refrain del “religione privata, fai quello che vuoi, ma a livello pubblico deve dominare la religione di stato di uguaglianza e rispetto dei diritti): «Conosco dei cristiani, e perfino non pochi cattolici, che del loro Dio crocifisso fanno un simbolo di accoglienza, di tolleranza, di solidarietà, di difesa dei più deboli, poveri, emarginati. Fino alla santità, talvolta (quella vera, non quella degli Altari, con i suoi Escrivà de Balaguer e altri “santi”). Ma il crocifisso nelle aule scolastiche è il simbolo della pretesa di una religione di essere “più eguale” delle altre e “più eguale” di ogni convinzione scettica, agnostica, atea. È insomma un simbolo di oppressione». Insomma, per attaccare le sardine col velo – esaltando tutti i principi “egualitari” del movimento anti-Lega ma contestandoli forse nell’unico elemento “innocuo” – si arriva a concepire il crocifisso cattolico come identico simbolo di oppressione: il tutto per esaltare la “laicità-laicismo” di Stato, come da tradizione di MicroMega. Come però sottolinea giusto qualche mese fa Monsignor Stefano Russo, segretario generale della Cei, in risposta alla polemica alzata dal Ministro Miur Lorenzo Fioramonti contro i crocifissi a scuola «hanno già risposto due pronunciamenti del Consiglio di Stato, una sentenza della Corte Costituzionale e una della Grand Chambre della Corte Europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo. E sono proprio questi pronunciamenti a dare una lettura positiva e non ristrettiva della laicità: il Crocifisso non è un simbolo discriminatorio, ma richiama valori civilmente rilevanti. Come non pensare alla nostra cultura che è intrisa di Cristianesimo e anche di ciò che ne è scaturito in termini di accoglienza e di integrazione? Il Crocifisso nelle aule scolastiche ha, dunque, una funzione simbolica, altamente educativa, a prescindere dalla religione professata da docenti e alunni».

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