Cattive notizie dai vigneti d’Italia: quest’anno la produzione scenderà di poco sotto i 44 milioni di ettolitri, facendo così segnare un calo del 12% rispetto ai 50 milioni dello scorso anno. Secondo le previsioni dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Unione italiana vini (Uiv), presentate al Masaf, quella del 2023 potrebbe dunque rivelarsi la vendemmia più leggera degli ultimi 6 anni, ancora una volta caratterizzata dagli effetti ormai cronici dei mutamenti climatici che hanno determinato importanti differenze quantitative lungo tutto lo Stivale. È infatti un vigneto Italia spaccato a metà quello fotografato dall’Osservatorio, che vede il Nord confermare i livelli dello scorso anno (+0,8%), mentre il Centro, il Sud e le Isole registrare flessioni rispettivamente attorno al 20% e 30%.



Ma sul banco degli “imputati” – continua ancora l’Osservatorio -, non c’è solo il tempo. A giocare “contro” la vendemmia c’è infatti anche la Peronospora, malattia fungina determinata dalle frequenti piogge che non ha lasciato scampo a molti vigneti soprattutto del Centro-Sud. I tecnici dell’Osservatorio ribadiscono però come questa patologia non influisca direttamente sulla qualità delle uve sane: i primi grappoli raccolti destinati alle basi spumante presentano infatti buoni livelli di acidità e interessanti quadri aromatici, che danno positive prospettive enologiche.



Resta il fatto, però, che le quantità scarseggiano. E se le previsioni trovassero conferma, l’Italia si troverebbe costretta a cedere il primato alla Francia, la cui produzione è stimata attorno ai 45 milioni di ettolitri, pure in flessione, ma di misura (-2%) rispetto al 2022. Un “puro dato statistico – sottolinea l’Osservatorio -, che potrebbe dimostrarsi più o meno incisivo a seconda dell’andamento climatico delle prossime settimane, cruciali per portare a maturazione ottimale soprattutto le uve delle varietà più tardive”.

Non è perciò detta l’ultima parola. Comunque andrà, però, una buona notizia c’è. “La contrazione produttiva di quest’anno non deve costituire un elemento di preoccupazione, visto il livello elevato di giacenze, che ha superato i 49 milioni di ettolitri, posizionandosi come il dato più alto degli ultimi sei anni” afferma il Commissario straordinario di Ismea, Livio Proietti. A preoccupare, invece, è un altro fronte: “Il tema – continua Proietti – non è tanto la perdita della leadership italiana in termini di volumi prodotti, quanto piuttosto il rallentamento della domanda interna ed estera, che sta deprimendo i listini soprattutto dei vini da tavola e degli Igt. Dobbiamo pertanto lavorare per ridurre il gap in termini di valore tra noi e la Francia e rafforzare il posizionamento competitivo dei vini di qualità, facendo sì che anche i vini comuni siano sempre più caratterizzati rispetto ai competitor”.



Come dire, insomma, che il problema non sta tanto nei primati quantitativi quanto nel posizionamento. “Sorprende – sostiene il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi – come molti si preoccupino ancora di rimanere detentori di uno scettro produttivo che non serve più a nessuno: oggi più che mai si impongono scelte politiche di medio e lungo periodo, a favore della qualità e di una riforma strutturale del settore. Occorre dunque chiudere finalmente il decreto sulla sostenibilità e ammodernare il vigneto Italia, mediamente vecchio, difficile da meccanizzare e costoso da gestire. E serve anche revisionare i criteri per l’autorizzazione ‘a pioggia’ di nuovi vigneti in base alle performance delle denominazioni, ridurre le rese dei vini generici e rivedere il sistema delle Dop e Igp, compresa la loro gestione di mercato. Questi sono gli strumenti per consentire al vino italiano di fare il salto di qualità necessario ad affrontare sia la situazione congiunturale dei mercati che i cambiamenti strutturali della domanda e delle abitudini di consumo. Infine, occorrerà cambiare marcia sul piano commerciale, a partire dalla semplificazione dell’Ocm Promozione (la regolamentazione unica dell’Unione europea che definisce i contributi a fondo perduto assegnati alle aziende, ndr) e da una promozione di bandiera capace di coinvolgere le imprese sin dalla sua pianificazione”.

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