Per il vino italiano questo 2023 rischia di essere il più complicato degli ultimi 20 anni. Lo dice l’Osservatorio di Uiv-Vinitaly che punta innanzitutto il dito contro la vendemmia in corso, le cui stime sul piano quantitativo si prospettano ancora più in ribasso rispetto a quanto già anticipato un mese fa (-12%) dall’Osservatorio Assoenologi, Ismea e Uiv. “In particolare, al Nord – a partire da Veneto, Friuli Venezia Giulia, Piemonte -, ma anche nel Mezzogiorno (Abruzzo e Sicilia) – rileva l’Osservatorio -, i volumi delle uve raccolte sono inferiori a quanto previsto a causa di eventi grandinigeni e del caldo persistente, che ha asciugato le uve. Per contro, si prospetta un’annata di qualità eccellente per molte importanti denominazioni dello Stivale, a partire dai vini rossi”.
Sul banco degli “imputati” sono poi chiamati i consumi. Nonostante la scarsità del prodotto disponibile per la nuova annata, il mercato del vino sfuso è infatti fermo. Lo provano due segnali: Uiv stima il numero di contrattazioni in calo del 40% rispetto alla media tradizionale del periodo, e, al contempo, rileva una forte pressione verso l’alto dei prezzi, che peraltro non tocca solo i vini comuni, ma anche quelli Dop-Igp, specie del Centro-Sud Italia.
Il settore, insomma, si muove in un contesto complicato, nel quale – rileva ancora Uiv – particolarmente fragile è la posizione della parte industriale, che teme effetti speculativi a catena potenzialmente destinati a coinvolgere anche regioni e vini non particolarmente toccati da scarsità di prodotto. “A causa dell’incertezza dettata dalla complicata situazione vendemmiale – rileva il Gegretario generale di Uiv, Paolo Castelletti – in questo frangente di mercato, da un lato si registrano quotazioni di sfuso che tentano, con poco successo, un comprensibile rimbalzo dettato dalla scarsità di prodotto; dall’altro, si osserva un mercato della domanda, a partire dalla Gdo, che non è disposto ad assorbirne la dinamica e che, anzi, chiede in molti casi la riduzione dei prezzi. Un paradosso, per le imprese del vino, accentuato da un commercio con l’estero in forte ripiegamento”.
Dall’export, infatti, arrivano altre cattive notizie: secondo l’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che ha elaborato gli ultimi dati relativi al vino italiano verso l’area extra-Ue relativi ai primi 7 mesi dell’anno, infatti, si devono registrare decrementi tendenziali ormai quasi in doppia cifra nei volumi (-9%) e in recessione anche nei valori (-6%).
E da qui, il rischio di cortocircuito per la filiera. “C’è la consapevolezza – afferma Castelletti – che, dopo un biennio eccezionale, questo sarà un anno di sacrifici per tutti, con riduzioni che si sperano essere solo congiunturali. L’invito è che gli attori siano attenti e consapevoli della situazione, con la coscienza che ognuno dovrà privarsi di qualcosa per traguardare il periodo, evitando fenomeni speculativi. Contestualmente, sarà fondamentale concordare con le istituzioni un piano strategico per la promozione e il business del vino italiano nel mondo”.
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