La nuova campagna governativa che intende incentivare il turismo fa molto discutere, soprattutto gli addetti ai lavori. Ma, si sa, gran parte di quelli che non sono stati scelti per un progetto così importante hanno un po’ il dente avvelenato, e molti sono sicuri che loro avrebbero fatto meglio. Altri si scatenano per puro odio politico contro questo Governo e tutto quello che fa o che non fa. Ancora peggio avviene sui social, terreno in cui moltissimi amano cimentarsi nel fare il mestiere degli altri.
Ora, prima di criticare con criteri soggettivi un progetto certamente necessario, realizzato dalla più nota agenzia di pubblicità italiana, forse occorre riflettere più in profondità.
A primo avviso appare una campagna decisamente pop, che si ingegna nel mescolare l’alto e il basso, trasformando la Venere del Botticelli in una giovane influencer in puro stile Ferragni. Si prende quindi uno stereotipo dell’arte per trasformarlo nello stereotipo più in voga, l’aspirazione delle giovani generazioni: essere influencer con milioni di follower.
Ecco quindi la neo-Venere mostrarsi davanti ai monumenti più noti (altro stereotipo) facendosi addirittura un selfie: il super-stereotipo del momento. Con un linguaggio giovanil-popolare si impegna nell’attirare l’attenzione sulle ben note qualità dell’Italia, tramite un sito in cui si mostrano solo alcuni esempi delle diverse eccellenze, da quelle paesaggistiche a quelle artistiche a quelle enogastronomiche.
È indubbio che qualunque campagna pubblicitaria possa essere giudicata da un punto di vista estetico. Ma prima ancora occorre valutare se il linguaggio di comunicazione impiegato è in sintonia con il pubblico a cui si vuole parlare, e se è adeguato nello stimolare il suo interesse nell’acquistare ciò che gli vogliamo vendere.
Ora, se l’intenzione è di parlare a un pubblico giovane e di livello socioculturale medio, il progetto ha più di un perché: si possono fare tutte le osservazioni che si vogliono, che però a questo punto rientrano nel gusto personale di chi le fa. Quante volte, nella mia carriera di pubblicitario, mi sono trovato di fronte a obiezioni del committente, del tipo: “Non mi piace”. Ho sempre risposto che il “non mi piace” deve essere preceduto da una riflessione sulla coerenza tra la strategia di marketing e quella di comunicazione, e dopo lo sforzo di oggettivarsi nei desideri, nelle aspettative e nel linguaggio del pubblico a cui si vuol parlare.
La domanda da farsi è quindi una: è questo il pubblico che vogliamo portare in Italia? Ha le risorse economiche per venirci, per spendere in servizi di qualità, per contribuire significativamente al nostro Pil?
Durante le vacanze di Pasqua, da Venezia, dalle Cinque Terre o da località sciistiche rinomate è stato lanciato un allarme univoco: “Il turismo di massa non ci interessa, perché uccide la qualità e favorisce solo i venditori di cianfrusaglie e servizi modesti. Saremo obbligati ad ammettere un numero chiuso di turisti”. Allora è qui che sorge il problema: questa campagna mira a un turismo di massa o a un turismo di qualità?
La scelta del linguaggio e l’esecuzione creativa fanno propendere per la prima ipotesi. Ecco perché prima di tutto occorre parlare di strategia.
E non vorrei essere nei panni del committente, dato che da molti anni le competenze sono state lasciate alle Regioni, e poi ai Comuni, quindi costantemente smembrate e parcellizzate. Compito del rinato ministero del Turismo dovrebbe essere quello di proporre un’immagine istituzionale per attirare turisti che dovrebbero poi essere smistati verso le più diverse eccellenze regionali. Eccellenze che reclamano turismo di qualità, e non ammassi di persone intruppate forzatamente come animali di mandrie che, al massimo, come ha detto Crozza commentando una folla sul Ponte di Rialto: “Dopo tante ore di viaggio hanno visto solo lo zaino di quello davanti”.
Ecco perché le strade dell’inferno sono lastricate di buone intenzioni.
Quello che dobbiamo capire e se l’Italia deve diventare la Disneyland del mondo, o se può rivendicare un ruolo di maggior prestigio e – di conseguenza – di un ritorno economico per la maggiore qualità offerta. Con una comunicazione coerente con la scelta fatta.
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