Nello scorso agosto, in Veneto, il settore cresciuto di più in termini di posti di lavoro e di assunzioni è stato ancora una volta quello dei servizi, trainato in particolare da commercio e turismo. Complessivamente, il terziario registra infatti 61.200 posti di lavoro in più dall’inizio dell’anno e una crescita delle assunzioni pari al 3,3% rispetto al 2022. Una performance di tutto rilievo, visto che complessivamente in agosto il mercato del lavoro veneto ha fatto registrare un saldo occupazionale negativo di 4.300 posizioni lavorative dipendenti, un dato peggiore rispetto allo scorso anno (-1.300), ma migliore se confrontato con quello del 2019 in pre-pandemia (-5.273). Tendenza analoga per le assunzioni, complessivamente 34.700 nel mese, in crescita sul 2019 (+4%), ma in significativo ridimensionamento rispetto al 2022 (-6%).
I dati mensili (forniti dall’agenzia regionale VenetoLavoro), condizionati dalle ricorrenze stagionali che sempre caratterizzano il periodo, confermano quindi una diminuzione della mobilità complessiva del mercato del lavoro e un rallentamento della crescita occupazionale, che comunque nel 2023 risulta ancora ampia: dall’inizio dell’anno si contano infatti 81.000 posti di lavoro dipendente in più e un numero di assunzioni analogo (+0,4%) a quello, particolarmente elevato, registrato nei primi otto mesi del 2022. Risultati positivi, in particolare, dall’occupazione femminile e da quella straniera.
Consistente l’incremento dei contratti a tempo indeterminato (+26.400), riconducibile, oltre che a una riduzione delle cessazioni (-3% sull’anno precedente), al rafforzamento delle trasformazioni contrattuali (+2%). Il bilancio dei posti di lavoro a tempo determinato (+53.500) si attesta poco al di sotto di quello rilevato nel medesimo periodo dell’anno precedente ma ancora nettamente superiore ai livelli pre-pandemici, nonostante la flessione della domanda di lavoro registrata ad agosto (-7%). Rispetto al 2022 risultano in calo le dimissioni (-3% nel periodo gennaio-agosto, -2% ad agosto), in particolare quelle da contratti a tempo indeterminato (rispettivamente, -6% e -8%).
Il bilancio dei primi otto mesi del 2023 è positivo e migliore di quello del 2022 in quasi tutte le province del Veneto. Fanno eccezione quelle di Rovigo e Treviso dove si registra un saldo (pur positivo) leggermente al di sotto di quello dell’anno precedente. Il territorio di Venezia si contraddistingue, invece, per il maggior incremento occupazionale rispetto all’anno precedente, ma anche per un rafforzamento della domanda di lavoro che si mantiene elevato (+6% rispetto al medesimo periodo del 2022). In agosto è stata vistosa la contrazione delle posizioni di lavoro nei territori di Vicenza (-1.200) e Treviso (-1.500), dove a causa della diversa cadenza dei reclutamenti nel settore agricolo per le attività di raccolta si è registrata anche una marcata riduzione delle assunzioni (-24%). Il volume delle assunzioni mostra, invece, un incremento nelle province di Padova (+6%) e Rovigo (+3).
Bilancio positivo anche per agricoltura e pesca (+10.700 posizioni di lavoro dipendente), che però registrano una lieve flessione della domanda di lavoro (-2%), complici anche una diversa modulazione della stagionalità rispetto all’anno precedente e le dichiarate difficoltà di reperimento di manodopera. Il bilancio per il comparto industriale si conferma positivo (+9.100), ma in significativo ridimensionamento sia rispetto ai valori particolarmente elevati registrati nell’anno precedente (+14.300), sia nel confronto con i livelli del 2019 (+12.100). Un rallentamento importante si segnala nell’industria metalmeccanica (soprattutto produzioni metalliche, macchine elettriche e mezzi di trasporto), in quelle della chimica-plastica e in alcuni comparti del Made in Italy (su tutti, industria conciaria, legno-mobilio, calzature e occhialeria).
Gli ingressi in disoccupazione nei primi otto mesi del 2023 sono stati complessivamente 82.300, in calo del 3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. La riduzione si conferma particolarmente marcata per gli inoccupati (-12%), ovvero persone che non avevano un precedente contratto lavorativo, mentre è più contenuta per i disoccupati veri e propri (-2%), ovvero la principale componente dei disponibili iscritti ai Centri per l’impiego della regione.
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