In tempi di pandemia di Coronavirus, anche il mondo del commercio affronta un periodo di estrema difficoltà e neppure la città di Venezia è immune a tale, impronosticabile destino. Tuttavia, la Serenissima non si aspettava probabilmente di subire una vera e propria invasione di attività… cinesi: sì, perché come testimonia il servizio giornalistico e televisivo realizzato dalla redazione di “Fuori dal Coro” e andato in onda nella puntata trasmessa nella serata di ieri, martedì 9 febbraio 2021, l’ex Repubblica marinara è finita letteralmente nella morsa dei negozianti provenienti dal Paese del Dragone.
Perché tutto questo interesse improvviso da parte di persone che talvolta acquistano la propria attività a scatola chiusa, risiedendo addirittura ancora in Cina? A fornire la risposta è stato il generale Giovanni Mainolfi, comandante della Guardia di Finanza del Veneto: “Il numero delle partite IVA cinesi aperte nel periodo di lockdown è doppio rispetto a quello delle partite IVA chiuse. Si tratta di un banalissimo trucco che serve per non pagare le tasse. Un giochino che è costato in dieci anni alle casse dell’erario quasi 2 miliardi di euro”.
VENEZIA INVASA DA ATTIVITÀ CINESI: IL COMUNE DIFENDE LA TRADIZIONE
, insomma, si trova costretta a “difendersi” da quello che può essere definito un autentico assalto da parte dei commercianti cinesi. Come spiegato dall’assessore Sebastiano Costalonga, sono 850 le attività cinesi presenti nella Serenissima e che cercano di aprire proprio nel centro cittadino, perché è lì che si trova il guadagno. Di fatto, aprono e chiudono alla velocità della luce, solitamente prima che sia trascorso un anno intero; così facendo, non pagano tasse e contributi in Italia e i soldi guadagnati finiscono direttamente nel loro Paese d’origine. Lo fanno in molti, ma c’è anche chi continua a prendersi gioco da tempo dei finanzieri veneti, come un imprenditore, il cui nome non è stato menzionato, che ha aperto e chiuso i propri negozi a Venezia per 16 volte. Addirittura, il 51% delle attività cinesi presenti nell’Amsterdam italiana (una su due, dunque) dichiara un reddito pari a zero. Urge una contromisura e il tessuto commerciale locale si sta già muovendo, mediante un accordo tra negozianti e proprietari teso ad abbassare il costo degli affitti: “Quest’iniziativa – ha aggiunto l’assessore Costalonga – serve per sancire un patto, mantenendo in vita le attività storiche veneziane. Il cuore della città non sarà mai cinese finché ci sarò io”.