A fine secolo Venezia non esisterà più, o per lo meno, la spettacolare città nella Laguna così come la conosciamo oggi, non sarà più la stessa. Ne è convinto Luca Mercalli, noto climatologo, meteorologo, divulgatore scientifico e spesso e volentieri ospite in tv: «Entro il 2100 ci aspettiamo un metro di mare in più – racconta ai microfoni del quotidiano Leggo – nell’ipotesi peggiore, ossia che alla Cop26 si sia troppo lenti o non si prendano le decisioni giuste, i rischi maggiori sono che la temperatura a livello mondiale si alzi di cinque gradi, in Italia perfino di più per la vicinanza con il Nord Africa, e, appunto, che il livello del mare sia più alto di un metro». E a quel punto accadrà l’inevitabile: «La zona lagunare da Monfalcone a Rimini, tra la laguna veneta e il delta del Po, è la più esposta per l’innalzamento del mare».



«Venezia potrebbe finire sott’acqua – ha proseguito – anche Rovigo, Chioggia, Comacchio, Ravenna. Molto esposte pure la piana di Fondi, nei pressi di Latina, e l’aeroporto di Fiumicino, nonché più zone costiere. Ci sono poi l’erosione delle spiagge, già in atto, e il cuneo salino, ovvero l’acqua salata che entra nelle falde idriche della terraferma. Alcuni luoghi diverrebbero invivibili e sarebbero abbandonati». Danni non soltanto lungo le coste, ma anche sulle catene montuose, a cominciare dalle Alpi, dove potrebbero «verificarsi più incendi boschivi. In generale, potrebbero esserci lunghe siccità con importanti ricadute sull’agricoltura. E sarebbe l’inizio».



LUCA MERCALLI: “COP 26? FINO AD ORA TANTO BLA BLA BLA”

Luca Mercalli sposa la teoria di Greta thunberg, l’attivista contro i cambiamenti climatici più famosa al mondo, secondo cui durante la Cop 26 attualmente in corso di svolgimento in quel di Glasgow, si starebbe chiacchierando tanto, agendo però poco. «Finora abbiamo assistito a un grande bla bla bla – spiega l’esperto – non c’è una risposta coerente con il livello di rischio. Siamo di fronte a qualcosa di epocale, peggio di una guerra ma dato che è più lento, non è percepito. La questione va affrontata insieme. Ecco perché si litiga nelle grandi conferenze internazionali: chi ha già i piedi nell’acqua, protesta, chi vende il carbone non risponde. Il tema è anche culturale. Non siamo abituati, come umanità, a considerare problemi irreversibili, pensiamo sempre che ci sia una soluzione, ma quando Venezia sarà sott’acqua non si potrà tornare indietro».

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