Scoperto un maxi giro di squillo di lusso in una vera e propria (e illegale) azienda del sesso nella provincia di Venezia: tra San Donà e Quarto d’Altino, i due noti locali della zona “Arabesque” e “Game Over” di fatto offrivano dei surplus ai clienti molto “affezionati” con almeno 50 ragazze sempre pronte a soddisfare tutte le loro voglie e impulsi. Il maxi giro è stato scoperto dalla Squadra Mobile di Venezia, con 5 arresti firmati sabato scorso dal gip David Calabria su richiesta della pm Federica Baccaglini: i reati contestati sono favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione nei confronti degli organizzatori e gestori delle due, sostanzialmente, “case a luci rosse”. Proprio come le vecchie “case chiuse” – oggi illegali per effetto della Legge Merlin – i due locali mettevano a disposizione di più di 200 clienti le squillo e il traffico illecito all’interno dei due locali molto frequentati. Dopo una denuncia anonima negli scorsi mesi, la polizia ha cominciato ad indagare fino a far scattare la perquisizione che ha confermato come il sesso e lo sfruttamento della prostituzione fosse l’impiego “principale” in quelle due attività.
SQUILLO DI LUSSO IN AZIENDA A VENEZIA
Come riportano i dati e le testimonianze raccolte dalla Mobile di Venezia sul Gazzettino, il “giro” dietro ai due locali ora sequestrati prevedeva in quest’ordine: «il cliente contattava il titolare, o all’ingresso o, se era uno della schiera dei fedelissimi con una telefonata. A quel punto, prenotava ragazza e prestazione, che principalmente era legata al tempo. Mezz’ora, 150 euro, e a salire fino a due ore». Erano poi tre le modalità di prostituzione “proposta” dalle novelle case chiuse: all’interno dei locali, in albergo oppure a domicilio del cliente. I “ricavi” del traffico illecito venivano poi spartito tra la squillo e il gestore: come spiega il capo della Mobile veneziana, Giorgio Di Munno, «Proprio per questo motivo tra i reati contestati non c’è solo il favoreggiamento ma anche lo sfruttamento della prostituzione un’indagine sviluppata sia con i metodi tradizionali, osservazione e appostamento, e un’attività tecnica di intercettazioni che ha permesso di blindare le accuse che hanno portato alle ordinanze di custodia cautelare. Le ragazze? Erano tutte d’accordo, l’obiettivo comune era il profitto. E i guadagni, considerando il volume d’affari, erano decisamente elevati». Ora tremano i quasi 200 clienti coinvolti nel maxi giro di squillo di lusso: non vogliono che i nomi escano nell’eventuale processo e che loro vite vengano così “sconvolte” avendo quasi tutti famiglia e lavori anche di alto rango. Tra le particolarità riscontrate dalla Polizia, i pagamenti che avvenivano all’interno del locale addirittura con il Pos bancario: un pagamento “alla luce del sole” per la prostituzione. Come riporta la Procura di Venezia, arrestati i due fratelli gestori dei locali – Matteo e Federico Vendramello -, Michaela Hobila, romena di 35 anni, addetta alla “logistica” per le giovani prostitute, Lorenzo Borga, 70 anni di San Donà e Ugo Bozza, 66 anni di Portogruaro (questi ultimi tre ai domiciliari).