L’INCREDIBILE ODISSEA DEI DUE ITALIANI INCARCERATI IN VENEZUELA PER PIÙ DI DUE ANNI
Si chiamano Antonio Calvino e Giovanni Mattia i due italiani che da pochi giorni sono stati liberati dal carcere in Venezuela dopo 2 anni e 4 mesi da incubo: senza un processo, senza una vera motivazione, in cella dopo alcune proteste durante le restrizioni Covid nell’aprile 2021. Sono loro i protagonisti, purtroppo, di un’odissea legale e giudiziaria che si è conclusa solo da poco tempo grazie all’intervento mediatore di Andrea Di Giuseppe, deputato di FdI eletto nella circoscrizione America settentrionale e Centrale.
Intervistato da “Il Tempo”, il parlamentare eletto nelle liste estero ha raccontato da vicino il perché di questa assurda morsa del regime peronista di Maduro contro i due italiani innocenti: «ad aprile 2021, in piena pandemia da Covid 19, si erano ritrovati sotto la sede del consolato italiano a Caracas, Venezuela, per cercare di ottenere quello che, in teoria, gli sarebbe spettato di diritto e che fino al quel momento, pare, gli sarebbe invece stato negato». Si trattava di semplici medicine e assistenza sanitaria nel pieno dell’emergenza Covid: Antonio e Giovanni vivevano da tempo in Venezuela ai limiti dell’indigenza, complicato il tutto dallo stato di salute peggiorato con l’arrivo della pandemia.
“SENZA PROCESSO E SENZA UN PERCHÈ”: LO SFOGO DI ANTONIO E GIOVANNI DAL VENEZUELA
Secondo le testimonianze raccolte dal deputato Di Giuseppe, i due italiani rimasti in carcere per 28 mesi si trovavano fuori dal consolato quel giorno per protestare – pare anche in maniera energica – in merito alla richiesta di un’assistenza. Ecco che però l’incubo inizia con l’arresto immediato della polizia del Venezuela: «Senza una spiegazione, senza un processo, senza un reale motivo», racconta il deputato FdI, Antonio e Giovanni vengono messi in carcere a Caracas. Senza un richiamo della Farnesina, senza che nessuno sapesse quale fine avessero fatto Calvino e Mattia, per mesi la storia dei due italiani è rimasta nascosta: quasi due anni e mezzo vissuti da invisibili dentro una prigione venezuelana, senza assistenza di nessun tipo.
Per diverse vie traverse, Di Giuseppe arriva a conoscere dell’arresto dei due italiani attivandosi per per richiedere la liberazione: «Quando sono venuto a sapere di questa assurda vicenda, ho chiesto subito al consolato il video della protesta e quello dell’arresto – sottolinea il deputato a “Il Tempo” – ma, guarda caso, quei filmati non c’erano». C’era solo il racconto del consolato in cui si diceva che i due italiani stavano provando «ad assaltare l’edificio»: quei filmati il deputato li ha trovati non con poca difficoltà, «e si vede bene come, al di là di una protesta energica, Antonio e Giovanni non avessero commesso nessun gesto tale da meritare oltre due anni di prigione». La Farnesina stanzia ogni anno per i vari consolati in giro per il mondo fondi e soldi per fornire cibo e medicine agli italiani in difficoltà: l’assunto di Di Giuseppe è molto semplice quanto crudo, «se Antonio e Giovanni erano lì a protestare, mi viene da pensare che evidentemente questi soldi erano stati spesi per altre cose».
La cosa ancora più aberrante è che pare la polizia venezuelana sia stata chiamata dallo stesso Consolato italiano di Caracas: Di Giuseppe dopo mesi riesce ad ottenere, anche grazie alla pressione sull’ambasciata, la liberazione dei due italiani. «Come ho detto più volte al Console, il nostro compito istituzionale è quello di far scarcerare i connazionali detenuti od ottenere un trasferimento di pena. Noi non siamo dei giudici e non spetta a noi comminare pene o trovare colpevoli», conclude il deputato. Tutto finisce bene dunque? Tutt’altro, il Venezuela ha preteso dai due italiani per la liberazione un’ammissione di colpa per i reati presunti imputati: «la cui pena, guarda caso, coincideva esattamente con la durata della detenzione scontata fino a quel momento. Una specie di sentenza retroattiva. Se io non fossi venuto a sapere per caso di questa storia, credo che sarebbero morti in carcere, non so se ci si rende conto della gravità dell’accaduto», protesta il parlamentare che chiede ora al Ministro degli Esteri di attivarsi subito per l’invio di ispettori al consolato del Venezuela.