Il Venezuela non è più sull’orlo della guerra civile ma si può ormai definirla appieno un Paese diviso e dilaniato dalla lotta tra Maduro e Guaidó, tra i militari e la piazza ma soprattutto tra Cuba, Russia e Stati Uniti: il tentato golpe, secondo Trump, è fallito perché L’Havana e Mosca avrebbero dato apporto superiore ai militari rimasti con il dittatore di Caracas, facendo saltare i piani di Guaidó e soprattutto della Comunità Internazionale che sperava in una pacificazione senza scontri e morti verso nuove libere elezioni. Il Presidente ad interim, come annunciato lo scorso 1 maggio, ha lanciato un nuovo appello per manifestare pacificamente davanti alle caserme in modo da chiedere a tutti i militari di appoggiare la causa della piazza, della pace senza per questo essere considerati “golpisti” dal tiranno Nicolas Maduro. «Sabato 4: mobilitazione nazionale pacifica delle principali unità militari per aderire alla Costituzione», ha scritto su Twitter Guaidó questa mattina, con deciso appello all’esercito che fino ad oggi ha sostenuto nella quasi totalità il Presidente chavista.
LOPEZ PROTETTO IN AMBASCIATA SPAGNA
Maduro ha lanciato ieri la caccia ai traditori tra i suoi militari, definendo finito e fallito il tentato “golpe” di martedì scorso: 25 soldati “ribelli” si sono rifugiati nella ambasciata brasiliana di Caracas mentre Leopoldo Lopez, volto leader dell’opposizione (arrestato prima delle elezioni per frenare la sua corsa alle urne) è stato liberato dagli stessi militari pro-Guaidó ma si trova ora in grande pericolo per la controffensiva del Governo. Per questo motivo si è riparato nella ambasciata di Spagna da dove però ieri la magistratura del Venezuela ha spiccato un ordine di arresto per la sua persona. Il leader oppositore Leopoldo López ha fatto sapere ieri sera che «non ho paura né della carcere, né di Nicolás Maduro», ma che tuttavia continuerà a restare come ‘ospite’ nell’ambasciata della Spagna a Caracas. «E’ un inferno, ma non ne ho paura; non ho paura di Maduro, non ho paura della dittatura», racconta Lopez facendo riferimento alle condizioni del carcere militare di Ramo Verde dove vi è rimasto per diversi mesi ingiustamente. Secondo il leader liberato, l’insurrezione sua e di Guaidó «ha aperto una crepa nel regime, un colpo alla Forza Armata». Il Governo di Madrid ha fatto sapere questa mattina che non intende consegnare Lopez «in nessun caso, le autorità venezuelane rispettino l’inviolabilità della residenza dell’ambasciatore spagnolo». Settimana prossima intanto si incontreranno i due responsabili della diplomazia di Russia e Usa – Lavrov e Mike Pompeo – per provare a trovare un dialogo efficace sulla “spinosa” Venezuela, anche se da Mosca si ritiene la posizione di Washington «inconciliabile» con quella di Putin e dello stesso Onu.