Il Venezuela nella giornata di ieri, con un referendum promosso e voluto dal maduro, si è detto favorevole all’annessione della Guyana Esequiba. Si tratta di una striscia di terra da 160 mila metri quadrati, composta in larga parte da foreste equatoriali, ma che per Georgetown rappresenta circa il 70% dei suoi possedimenti, nonché il luogo in cui risiede un quinto della popolazione e che nel 2020 è diventato famoso grazie alla scoperta di numerosi giacimenti petroliferi.
Per il Venezuela, però, nonostante l’indipendenza della Guyana ottenuta nel 1966, si tratta di un suo possedimento fin dai tempi dell’impero spagnolo. Il referendum di Maduro, in termini pratici, rappresenta solamente un modo per sondare l’opinione della popolazione, che si sarebbe detta (secondo dati dello stesso governo) al 95% favorevole all’ipotetica annessione. Tuttavia, per Caracas la consultazione non rappresenta un espediente per giustificare un’invasione del territorio, circostanza temuta da diversi commentatori internazionali. La Guyana, comunque, professa la sua indipendenza e si dice pronta a difendersi dagli attacchi del Venezuela.
Le rivendicazione del Venezuela sulla Guyana
Il contenzioso tra Venezuela e Guyana per il territorio dell’Esequiba risale, appunto, all’occupazione spagnola, che dispose il suo confine in quelle foreste. I terreni furono ceduti, poi, dopo la guerra d’indipendenza, salvo una rivendicazione nel 1899, che fu negata, sancendo l’appartenenza dell’Esequiba a Georgetown. Nel 1966, poi, la Guyana si è dichiarata indipendente, e nel 2020 per risolvere definitivamente la controversia si è tirato in mezzo l’ONU, del quale si attende ancora il verdetto.
Lo stesso ONU, dopo l’annuncio del referendum in Venezuela, ha invitato Maduro ad evitare l’invasione della Guyana. Secondo diverse fonti governative, non vi è la diretta intenzione di tenare un’invasione da terra, ma un funzionario in un’intervista ha sottolineato che “talvolta queste situazione sfuggono al controllo”. In via precauzionale, inoltre, il Brasile di Lula ha disposto l’esercito lungo il confine, invitando anche lui sia il Venezuela che la Guyana a dimostrare “buon senso”. Insomma, potrebbe trattarsi della prima pagina di una nuova guerra che, quasi certamente, se scoppiasse causerebbe la fine della Guyana, ormai depredata del 70% dei suoi territori.