Quando si dice “nomen omen”: si chiama “Respira” il ventilatore polmonare portatile che potrebbe rivoluzionare la lotta contro il Coronavirus ed è un’invenzione tutta italiana (o quasi). Il prodotto è figlio di una sinergia fra “Ibd” (azienda biomedica che opera sull’asse Londra-Mantova) e “Seco” (società che agisce nel settore dell’alta tecnologia per la miniaturizzazione dei computer e avente sede ad Arezzo). Come riferisce il quotidiano nazionale “La Stampa”, si tratta di un macchinario in grado di fornire 60 litri di ossigeno al minuto e installabile comodamente a domicilio, nelle strutture per anziani e anche sulle ambulanze per le situazioni di urgenza grave e indifferibile, consentendo così al paziente di disporre di un supporto importante prima di raggiungere l’ospedale. “Con un ventilatore di questo tipo garantiamo un salto in avanti perché, rispetto ai prodotti già in circolazione e che si usano per altre patologie, questo è stato pensato sulla base delle indicazioni che ci sono arrivate dai medici che curano pazienti Covid-19“, ha dichiarato Corrado Ghidini di Ibd.
VENTILATORE POLMONARE PORTATILE “RESPIRA”: PRONTO TRA FINE MAGGIO E INIZIO GIUGNO
Il ventilatore polmonare portatile “Respira” dovrebbe essere pronto nel giro di poche settimane, presumibilmente fra la fine del mese di maggio e l’inizio di giugno, e, stando a quanto riportato da “La Stampa”, dovrebbe costare all’incirca 9mila euro, con una corsia preferenziale, va da sé, per case di riposo, istituzioni e nosocomi. “La produzione sarà ad Arezzo. Abbiamo richieste da tutto il mondo, ma daremo priorità all’Italia”, ha affermato Massimo Mauri, amministratore delegato di Seco, al quale ha fatto eco ancora Ghidini di Ibd: “Siamo già al lavoro per un aggiornamento, che consenta di operare anche in regime di telemedicina: l’idea è mettere i medici in condizioni di controllare in remoto attraverso il ventilatore, rimanendo nei loro studi e ospedali, l’evoluzione del paziente, ricevendo dati su quanti litri di ossigeno vengono effettivamente erogati e quanta anidride carbonica viene espirata dal paziente”. Secondo Ghidini, grazie alla possibilità di sorvegliare a distanza il quadro clinico e la sua evoluzione, il professionista sanitario sa comprendere immediatamente se la terapia somministrata sia sufficiente o se, invece, si renda necessario intubare il malato.