Dopo una decisione presa già lo scorso anno e poi confermata con il via libera da parte del Governo, è arrivato infine anche il parere positivo della Commissione UE sulla vendita della rete fissa secondaria di Tim – oggi delle controllate NetCo e OperFiber – al fondo statunitense Kohlberg Kravis Roberts & Co (KKR): sul tavolo ci sarebbero almeno 22 miliardi di euro, con la clausola fermamente voluta dal Ministero dell’Economia e della finanza di aumentare a circa il 20% la partecipazione italiana. Attualmente, infatti, il governo tramite Cassa depositi e prestiti detiene poco meno del 10% delle quote di Tim e seppur l’azionista di maggioranza (la francese Vivendi, titolare del 23,7%) rimarrà tale, il timore era che il fondo americano KKR avrebbe potuto erodere il ‘golden power‘ italiano con tutte le conseguenze negative del caso.
Immediata, dopo l’ok da parte della Commissione UE, la reazione del titolare del Mef Giancarlo Giorgetti, che accogliendo “con grande soddisfazione il via libera” rivendica di aver sbrogliato “la storia matassa” di Tim; mentre sull’acquisizione da parte di KKR spera che si arrivi ad “un closing a breve”. L’accordo, conclude il ministro, “è un successo della strategia italiana” che ha premiato “la decisione del governo di partecipare all’operazione”.
Cosa c’è dietro all’accordo tra KKR e Tim: il parare della Commissione UE
I dettagli precisi dell’accordo non sono ancora del tutto noti – ed è, anzi, ipotizzabile che rimarranno in parte secretati tra azionisti, acquirente e acquisito – così come sembra essere incerto anche il valore dell’operazione tra KKR e Tim, con alcuni giornali che parlano di 22 miliardi di euro ed altri che ne citano solamente 18; ma nel frattempo possiamo sapere qualcosa in più da parte della Commissione UE che esaminandone a fondo l’impatto non ha rilevato alcuni rischio “significativo a livello di concorrenza”. KKR, infatti, secondo i contratti esaminati, non potrà in alcun modo limitare l’accesso alle infrastrutture né per i clienti Tim, né per le altre compagnie (come Iliad o Fastweb) che si appoggiano in parte ai servizi di NetCo e FiberCop.
Secondo la Commissione, inoltre, rimarrà invariata anche la competizione tra NetCo e Oper Fiber per l’estensioni delle reti a fibra veloce, mentre Fastweb funzionerà un po’ da ‘moderatore’ perché continuerà ed esercitare pressione concorrenziale su entrambe. Infine, non sembra che l’acquisizione da parte di KKR possa aumentare la sua presenza sul territorio e sul mercato italiano rispetto a quanto già oggi non faccia NetCo rispetto a Tim ed in tal senso andrebbe anche il concordato quadro presentato dal fondo e dall’azienda, rifiutato dalla Commissione e riproposto all’Antitrust per un ulteriore controllo.