Dai verbali del Comitato tecnico-scientifico desecretati da Palazzo Chigi e visionati dalla Fondazione Einaudi emerge che il 7 marzo scorso gli esperti suggerivano chiusure parziali. Fu il governo a volere il lockdown totale. Il tema non riguarda solo ciò che è successo nei giorni più drammatici della pandemia. Ha importanti risolti politici. Probabilmente è stato allora che il governo si è accorto di ciò che poteva fare con l’emergenza, trasformando, di fatto, il Covid-19 in un prezioso alleato politico.



È di allora, secondo l’economista Carlo Pelanda, anche lo scambio politico che ha dato all’Italia un nuovo ruolo nella tetrarchia europea egemonizzata da Germania e Francia. Oggi il governo Conte può considerarsi al riparo dalla crisi, perché avrà tutti i soldi che gli servono. Pelanda rivela che il governo ha fermato chi lavorava a soluzioni tecniche alternative.



Accentuare il pericolo per legittimare il ricorso allo stato di emergenza. Un gioco ormai contestato anche da opinionisti non schierati, come il giurista Sabino Cassese.

Se è un bluff, e ci sono elementi per sospettarlo, è servito per creare una nuova configurazione di potere. E durerà fin quando resisterà questa configurazione di potere.

Voltiamoci indietro. Cos’è accaduto?

Con l’emergenza Covid si è creato un potere meno discutibile. C’è stata l’intenzionalità di finalizzare l’emergenza al consolidamento di un potere vacillante? Può essere. I fatti dicono che tale potere vacillante si è consolidato e comanda.



Quanto saldamente? L’economia reale soffre sempre di più, il Pil è in calo, il governo prolunga lo stop ai licenziamenti, le imprese chiudono.

Quello che lei dice è vero, ma al governo non gliene può importare di meno. Non ci sono moti popolari, il 65% dell’Italia va bene, chi ha problemi di soldi prima o poi li avrà.

Sta dicendo che il governo passerà indenne la crisi economica?

Francia e Germania sostengono questo potere al punto da concedergli finanziamenti per 80 miliardi a fondo perduto. C’è stato uno swap. Non saranno certamente un po’ di italiani senza lavoro a metterlo in difficoltà. Né tantomeno i sindacati.

Ma la crisi arriverà e il 65% dell’Italia che va bene ce lo sogniamo.

La crisi non sarà ingestibile. Con la Bce che sta comprando il debito italiano in maniera illimitata, e con i soldi del Recovery Fund in arrivo nel 2021, il sostegno della Germania al governo Conte è fortissimo.

Qual è stato lo scambio?

Io, Conte, ti dò l’Italia; tu, Germania, mi dai i soldi. In Germania c’erano scricchiolii preoccupanti, Berlino stava perdendo il Reich di cui anche l’Italia fa parte. Non può permetterselo. Anzi, la Germania sarebbe stata pronta a pagare molto di più.

Quando secondo lei il virus è diventato strumento di governo?

Non lo sappiamo. Però in quei giorni ci fu un’intensa consultazione con la Cina. Furono i cinesi a suggerire di chiudere subito, dicendo che il virus è pericoloso e il contagio è velocissimo. Probabilmente, nei contatti che ci sono stati si sono trasferite più informazioni ai politici che non ai tecnici, i quali non avevano un quadro chiaro. Chi lo aveva chiaro erano i servizi di intelligence dei vari paesi. I politici si sono spaventati e hanno chiuso tutto. L’idea di usare l’emergenza come strumento di potere è venuta dopo.

In che modo?

Conte, ministri e Quirinale ne hanno assaggiato i vantaggi e hanno imparato facendo, learning by doing. Hanno scoperto di riuscire a governare meglio grazie al virus che non venendo a capo delle beghe che dividono la maggioranza.

Il tempo è un vantaggio anche in tempo di crisi?

Sì, perché permette al governo di blindare la legislatura e di logorare l’opposizione, rendendola meno competitiva alle prossime elezioni.

Qual è l’errore del centrodestra?

Non fare un governo ombra. Sarebbe il segno più evidente che è capace di contrapporre al governo delle soluzioni condivise. E invece niente. Quando la situazione sfavorisce una parte, l’altra parte deve sfidarla in maniera simmetrica, non asimmetrica.

Come?

L’opposizione dev’essere più capace del governo di rassicurare, di offrire un’immagine sobria e di proporre soluzioni realistiche ai problemi. Le critiche estemporanee non approdano a nulla. Bisogna studiare.

Era il Pci a fare i governi ombra.

Mi è sempre stato un po’ antipatico, ma in effetti lavorava seriamente.

Può essere più preciso sullo scambio al centro del quale si è trovato il governo?

Germania e Francia avevano e hanno come primo obiettivo quello di mettere sotto controllo l’Italia per fini non cattivi, ma di salvezza del loro dominio e di signoraggio economico di tutta la regione europea occidentale. A supporto del governo si aggiungono poi il Quirinale e il Vaticano.

Vista la sua importanza strategica, come vede la volontà del governo di arrivare alla rete unica nazionale a banda ultralarga?

Sul piano tecnico, se l’interesse nazionale fosse solo quello dell’efficienza, esso potrebbe prevedere anche una decina di reti ben funzionanti e interconnesse. Sul piano politico il discorso cambia. È meglio che ci sia una unica infrastruttura nazionale con una forte capacità di condizionamento di chi veicola le informazioni e soprattutto di controllo dell’informazione che passa? Di questi tempi avrebbe un senso. Per questo le manovre di Conte non sorprendono.

Il governo ha chiesto a Tim di rinviare al 31 agosto la firma con il fondo americano Kkr. Lo ha fatto perché guarda alla Cina?

Il governo è ancora penetrato dai cinesi, ma è una componente che pur risultando attiva, è stata rintuzzata dagli americani.

Può essere più esplicito?

Nella partita con la Cina, gli Usa sono molto attenti e stanno mandando avanti alcuni fondi per contrastare le mosse di Pechino. I cinesi bussano dappertutto, il governo italiano fa fatica a tenerli fuori dalla porta perché la componente che ha preso soldi da Pechino vuole farli entrare. Tuttavia la Cina sta perdendo parecchi presidi che aveva creato negli ultimi cinque anni.

Ne è sicuro?

Certo. L’Italia si poteva considerare quasi acquisita. Gli americani sono intervenuti e hanno ridotto la penetrazione cinese, ma non del tutto. Lo stesso hanno fatto in Francia e Germania. Non mi chieda di più, basti dire che si è trattato di contromosse importanti.

A cosa dobbiamo pensare?

A normali relazioni diplomatiche in cui vengono fissate delle linee rosse che non possono essere oltrepassate. La Germania è stata più rapida nel cercare un equilibrio con gli Usa. Ha messo limiti precisi a Pechino, mantenendo tuttavia uno spazio ampio per poter negoziare con la Cina dalla quale l’industria tedesca dipende per il 40% del suo export.

La Francia?

Anche la Francia ha dato segni di risposta, ma alla francese: faccio quello che dici tu ma perché sono io a volerlo. Il risultato è stato lo stesso.

E noi?

L’Italia invece ha fatto meno di quello che le è stato chiesto, tenendo una posizione ambigua. Però lo ha fatto.

Torniamo allo scambio con la Germania. Noi a che cosa abbiamo rinunciato?

L’Italia avrebbe potuto elaborare una soluzione sovrana per la liquidità di emergenza attraverso un prestito irredimibile e i diritti speciali di prelievo del Fmi, sedendosi al tavolo in una posizione più forte, ma non lo ha fatto. Chi stava studiando questa soluzione è stato fermato dal governo. L’ipotesi violava lo scambio.

Qual è il patto?

L’Italia si auto-annette all’impero franco-tedesco accettando una posizione subordinata insieme alla Spagna nella tetrarchia. Francia e Germania come gli Augusti, Spagna e Italia nel ruolo di Cesari.

Come spiega la strategia tedesca?

I tedeschi sono bravissimi nella tattica, ma normalmente sbagliano sempre strategia. Questa volta no: non sapendo dove andranno gli Usa, spaventati dal legame pericoloso con la Cina, hanno deciso di rafforzare il loro impero europeo. Hanno visto che il governo Conte, sorvegliato dal Quirinale, era la configurazione politica che meglio risponde allo scopo e per questo lo sostengono in ogni modo.

Allora qual è, vista da Berlino, la missione del governo Conte?

Far vincere l’idea che l’Italia più è agganciata all’Europa e meglio è. In cambio, come ho detto, avrà i soldi che le servono.

E se la crisi sarà più forte?

I soldi arriveranno e non morirà nessuno.

Le divisioni nel governo non sono un pericolo?

Onestamente non le vedo. Comanda uno solo e le cose minori sono lasciate ai giornali. Mai vista una compattezza simile. Se io voglio comandare, faccio litigare gli altri su questioni minori ma poi la sintesi è mia. E sulla sintesi non è mai volata una mosca.

Il contesto internazionale è pieno di incognite, dal Covid alla guerra fredda degli Usa con la Cina. Alla luce di tutto quello che ha detto, la nostra situazione è risolta?

Non ancora, perché non lo è quella della Germania. Se la Germania rallenta e va in crisi profonda, diventa più malleabile e gli Usa possono farla rientrare in un’alleanza di democrazie per arginare a livello regionale il potere cinese. In questo caso, con una Germania debole, l’America premerebbe di più per stabilizzare l’Italia, cambiando il governo e designando il presidente della Repubblica.

Una prospettiva, quella della crisi tedesca, che non dev’essere ben vista a Berlino.

I think tank tedeschi sperano che l’America vada in tilt, in modo che la Germania possa guidare la Ue senza essere condizionata dagli Stati Uniti. Sperano in Biden.

La Cina invece?

La Cina lo teme. Mentre Trump vuole costringere la Cina ad arrendersi per poi dire che siamo tutti amici, Biden esprime una sinistra molto ideologica che auspica un regime change a Pechino.

All’Italia che sorte toccherà?

Resterà sul fronte atlantico. La svolta sostanziale è già in atto, perché c’è un’Italia che ha capito che la Cina è tossica. In più, come le dicevo, gli Usa hanno adottato delle contromosse. Manca la svolta formale.

Da che cosa dipende?

Dal Vaticano. Vuole il compromesso con la Cina perché ritiene, così facendo, di salvare la Chiesa cattolica. È una strategia sbagliata. Quando questo sarà chiaro, non mi chieda come e quando, l’Italia svolterà nell’arco di 10 minuti.

(Federico Ferraù)