Un nuovo scandalo investe il Consiglio superiore della magistratura e avvelena il clima in alcune procure, come quella di Milano. Il pm Paolo Storari, di quest’ultimo ufficio, ha consegnato verbali ancora segreti con le deposizioni dell’avvocato siciliano Piero Amara all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo. Per un anno, mentre il Csm era alle prese con il caso Palamara, mani diverse avrebbero veicolato atti riservati di indagine, coperti da segreto istruttorio, che chiamavano in causa l’allora premier Giuseppe Conte, i vertici di alcuni uffici giudiziari e più importanti apparati istituzionali. Lo riportano Repubblica e Corriere della Sera, spiegando che in quei verbali ci sono le deposizioni dell’avvocato Piero Amara, arrestato nel 2018 e indagato per i depistaggi dell’inchiesta anni e per vari episodi di corruzione di di giudici, coinvolto anche nelle vicende dell’ex pm romano Luca Palamara. Davigo, che al Corriere ha confermato di aver ricevuto le confidenze e il plico, ha anche spiegato: «Il segreto non è opponibile ai componenti il Csm. E io ho subito informato chi di dovere». Ma non ha specificato chi abbia informato. A Repubblica difende il suo operato: «Se c’era un problema a Milano, se era passato troppo tempo e non c’era iscrizione, ma di cosa dovrei pentirmi? Nulla di irrituale è stato commesso da parte mia». Quando gli viene chiesto se sia normale che quel materiale sia arrivato al Csm, replica: «Ma il segreto non è opponibile ai consiglieri. Storari aveva segnalato un problema, ne aveva parlato con il Csm». Lui ha spiegato perché ha preferito parlarne con chi di dovere anziché fare una relazione: «Dovevo mandare quel materiale in Prima commissione, dove credo sedesse un membro che era citato nelle carte?». Il riferimento sarebbe ad Sebastiano Ardita, con cui Davigo nel 2015 aveva contribuito a fondare la corrente Autonomia & indipendenza e con cui ci fu poi una rottura.



Il caso si apre, dunque, nel 2019, quando Piero Amara davanti ai pm di Milano raccontò fatti che al momento non sono riscontrati. In quelle decine di pagine di verbali si fanno nomi di altissimi magistrati, politici e organi istituzionali che sarebbero riuniti in una loggia segreta chiamata “Ungheria”. Inoltre, si accusava l’allora premier Giuseppe Conte di aver avuto consulenze d’oro e vantaggi dal gruppo, quando era avvocato civilista. «Solo calunnie, di cui chiederò conto in ogni sede», aveva replicato Conte. Quindi, i primi a conoscere i segreti di Amara sarebbero due pm di Milano, titolari dell’indagine: Paolo Storari e Laura Pedio. Secondo la ricostruzione attuale, il primo avrebbe deciso nella primavera 2020 di portare quel materiale a Roma, affidandolo all’allora consigliere del Csm Piercamillo Davigo, senza informare i capi, a partire dal procuratore Francesco Greco.



IL VERBALE AI GIORNALI E A DI MATTEO

Parliamo di una mossa irrituale, ma il pm Paolo Storari ha spiegato davanti al capo Francesco Greco, secondo quanto ricostruito da Repubblica, che prese quella decisione in quanto preoccupato dall’immobilismo che aveva registrato. Secondo il Corriere, premeva affinché si procedesse a delle iscrizioni formali, in quanto riteneva che i fatti – se veri – potessero essere molto gravi, mentre se fossero stati falsi si sarebbe trattato di una calunnia gravissima. Invece gli altri ritenevano più opportuno attendere o non procedere con iscrizioni formali, per questo dopo alcuni mesi Storari avrebbe deciso di confidarsi con Piercamillo Davigo, rimasto però in silenzio dopo aver ricevuto quel plico. Secondo Repubblica, avrebbe parlato in modo assolutamente generico e vago con il vicepresidente David Ermini di una indagine a Milano che potrebbe coinvolgere nomi importanti.



Alla fine del 2020, la procura di Milano ha inviato per competenza ad una serie di procure le confessioni dell’avvocato Piero Amara per verificare eventuali riscontri. Secondo le indagini dei pm di Roma, la funzionaria storica del Consiglio superiore della magistratura Marcella Contrafatto, temendo che si fermasse tutto, avrebbe recapitato il plico con i verbali al Fatto Quotidiano. Qualche settimana dopo è stato consegnato anche al consigliere del Csm Nino Di Matteo e, quindi, all’inizio del 2021 alla redazione di Repubblica. Ma dalle indagini non è emerso come Contrafatto sia entrata in possesso dei verbali, né perché abbia fatto da “postina” con i giornali. Come evidenziato da Linkiesta, avrebbe ottimi rapporti personali con Fabrizio Centofanti, faccendiere che è accusato di essere uno dei corruttori di Luca Palamara. I giornalisti che ricevono il plico lo hanno consegnato alle procure di Milano e Roma, poi la Guardia di Finanza ha identificato quello che ritengono essere il corvo, cioè la Contrafatto. Invece Nino Di Matteo lo avrebbe mostrato al collega Sebastiano Ardita, ma nel marzo scorso ha poi informato il procuratore di Perugia Raffaele Cantone, che subito si sarebbe messo in contatto col capo della procura romana, Michele Prestipino. Così l’indagine subisce un’accelerazione.

IL CASO AL CSM E LE INDAGINI

Si arriva così a mercoledì scorso, quando si è riunito il Consiglio superiore di magistratura. In apertura al Plenum Nino Di Matteo ha preso la parola e dichiarato di aver ricevuto un plico anonimo tramite spedizione postale, contenente «una copia informale e priva di sottoscrizioni di interrogatorio di un indagato risalente al dicembre del 2019 innanzi a un’autorità giudiziaria». Inoltre, ha spiegato che nella lettera anonima quel verbale veniva indicato ripetutamente come segreto. «Nel contesto dell’interrogatorio l’indagato menzionava in forma evidentemente diffamatoria se non un consigliere di questo organo. Auspico pertanto che le indagini in corso possano far luce sugli autori e sulle reali motivazioni della diffusione di atti giudiziari in forma anonima all’interno di questo Consiglio superiore». I pm di Perugia hanno svolto una serie di verifiche ed è scattata l’inchiesta: il procuratore Raffaele Cantone è al lavoro e alcune toghe sarebbero già indagate. Repubblica riporta che la stessa funzionaria del Csm Marcella Contrafatto, che era la segretaria del consigliere Piercamillo Davigo fino all’ottobre scorso, è indagata e sarebbe stata sospesa dalle sue funzioni. Secondo il quotidiano Paolo Storari e Davigo potrebbero essere chiamati dai pm a raccontare la loro versione dei fatti.

ERMINI: “CSM ESTRANEO, MANOVRE DESTABILIZZANTI”

Intervengono con due note ufficiali il vicepresidente David Ermini e il Pg Giovanni Salvi, mentre a Palazzo dei Marescialli si profila, secondo Repubblica, l’apertura di un procedimento disciplinare a carico del pm di Milano, Paolo Storari. «Il Consiglio superiore della magistratura è del tutto estraneo alle vicende riferite oggi da diversi quotidiani, è del tutto estraneo a manovre opache e destabilizzanti, ma è semmai obiettivo di un’opera di delegittimazione e condizionamento tesa ad alimentare, in un momento particolarmente grave per il Paese, la sfiducia dei cittadini verso la magistratura. Auspico la più ferma e risoluta attività d’indagine da parte dell’autorità giudiziaria al fine di accertare chi tenga le fila di tutta questa operazione», scrive il primo. Riguardo il “corvo” e l’indagine su Contrafatto: «Una funzionaria del Consiglio, in seguito alla perquisizione nella sede consiliare in ordine alla diffusione di materiale istruttorio coperto da segreto, è stata immediatamente sospesa dal servizio. Eventuali sue responsabilità o di altri per condotte individuali non riferibili al Consiglio sono oggetto di indagine da parte dell’autorità giudiziaria competente».