L’8 maggio, il Teatro dell’Opera di Roma ha presentato una nuova produzione di Luisa Miller di Verdi in versione concerto. Originariamente, il debutto era previsto per il 21 aprile, ma si è dovuto posticiparlo perché alcuni membri del coro risultavano “positivi” al tampone per il Covid-19. C’era una lieve speranza di eseguire l’opera con il pubblico ma poiché il coprifuoco è ancora in vigore, è stato necessario far vedere lo spettacolo sul sito operaroma.tv. Poteva essere visto e sentito sia in streaming su un computer che in un normale televisore tramite “Youtube”. Ho scelto un grande schermo e audio HD. Sarà disponibile per diversi mesi attraverso il sito del Teatro dell’Opera e Youtube. L’opera è quasi una rarità per Roma: dall’archivio storico del Teatro risulta che è solo la quarta volta che il titolo viene messo in scena: la precedenti sono state nelle stagioni 1989-90, 1949-50 e 1937-38.
Chiaramente, Luisa Miller non è una delle opere verdiane più spesso eseguite. Nasce da una commissione del Teatro San Carlo di Napoli (dove ebbe il suo debutto nel dicembre 1849); ebbe buone recensioni e diversi revival in Italia ma nell’ultima parte dell’Ottocento scomparve dai cartelloni e fu quasi dimenticato per diversi decenni. Fu ripresa in Germania pochi anni prima della seconda guerra mondiale e considerata un passo importante verso Rigoletto.
È basata sul dramma di Schiller Kabale und Liebe (Intrigo e Amore), in seguito rinominato Luisa Miller dallo stesso Schiller. La trama ruota attorno a una storia d’amore contrastata tra una ragazza di villaggio e il figlio del Conte del luogo. Si svolge in Tirolo. È una trama molto complessa, anche se l’azione dura solo un paio di giorni; una serie di complicati intrighi portano a un doppio suicidio dei due innamorati e all’uccisione dello spregevole “cattivo”. L’opera di Schiller e l’opera di Verdi iniziano con una visione bucolica della campagna tirolese e presto arrivano a scene raccapriccianti nel castello del Conte. Vale la pena ricordare che in Germania, Kabale und Liebe di Schiller era considerato il manifesto del Romanticismo tanto quanto Hermani di Hugo in Francia.
Generalmente, Luisa Miller è considerata una “opera di voci”. È strutturata in numeri musicali legati da recitativi. Ci sono bellissime arie, duetti e un grande terzetto finale per dare a un soprano assoluto – cioè un soprano che può essere sia lirico che drammatico -, a un contralto, a un tenore, a un basso e a due baritoni (uno con una voce più scura dell’altro) l’opportunità di dimostrare il loro valore. Il Teatro dell’Opera ha messo in fila un cast stellare: Roberta Mantegna (Luisa), Daniela Barcellona (Federica), Antonio Poli (Rodolfo), Roberto Frontali (padre di Luisa), Michele Pertusi (Conte), Marko Mimica come il malvagio Wurm, scagnozzo e cattivo consigliere del Conte.
La caratteristica principale di questa produzione è dimostrare che Luisa Miller è anche un’opera d’orchestra. Michele Mariotti è in buca e dirige l’eccellente orchestra del Teatro dell’Opera. Mostra che l’ouverture in Do minore non è una delle introduzioni ordinarie di Verdi: pochi minuti per citare alcuni dei brani principali che il pubblico ascolterà più avanti nell’opera. Piuttosto, riecheggia le modulazioni sinfoniche tedesche per fornire il colore dell’opera. C’è un magnifico dialogo tra il clarinetto e gli archi, nonché passaggi molto tesi per i fiati e gli ottoni. Un piccolo capolavoro autonomo. Un tappeto orchestrale è sotto i numeri musicali e li collega. Mariotti – si mormora – sarebbe il prossimo direttore musicale del Teatro dell’Opera di Roma. Lo accoglieremo con giubilo.
Roberta Mantegna è molto lirica nella cavatina del primo atto (Lo vidi e ‘il primo pulpito) ed anche nei suoi scambi con il coro (preparato da Roberto Gabbiani) nella prima scena del terzo atto. Diventa molto drammatica nella preghiera del secondo atto (Tu puniscimi, O’ Signore), un numero insolito (nel 1849) a causa della mancanza di ripetizione formale. Molto drammatico è, ovviamente, il duetto con Antonio Poli, duetto che si evolve in terzetto con Roberto Frontali nel tragico finale dell’opera.
Daniela Barcellona ha una parte breve ma intensa nella seconda scena del primo atto: il duetto (Dell’aule raggianti) seguito da una cabaletta (Deh! La parola amara) con Antonio Poli. Dà al personaggio un carattere aristocratico e severo. Antonio Poli è un buon tenore lirico che ha iniziato la sua carriera con Riccardo Muti circa dieci anni fa. Ha cantato molto bene la famosa aria in andante Quando le sere al placido nel secondo atto – un cavallo di battaglia per i tenori verdiani – ed è stato efficace in tutti gli altri numeri.
Roberto Frontali si è distinto nella cabaletta iniziale piena di dolore e rabbia Ah! Fu giusto il mio sospetto e nel terzetto tragico al termine dell’opera. Marko Mimica è un Wurm il più subdolo possibile. Infine, Michele Pertusi ha esternato i confusi sentimenti paterni del Conte nella romanza Il mio sangue, la vita darei e la sua doppia natura nel duetto e narrazione del secondo atto con Wurms.
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