Chi è Veronica Galletta? Questa è la domanda che molti si stanno ponendo in questi minuti, che precedono l’incoronazione del Premio Strega 2022. La scrittrice siracusana, infatti, è tra i sette finalisti per il prestigioso riconoscimento con il suo “Nina sull’argine”, romanzo targato Minimum Fax. Una storia incredibile, la sua: da ingegnere a scrittrice di bestseller protagonisti della stagione dei premi.



Nel 2020, infatti, Veronica Galletta ha vinto il Premio Campiello Opera Prima con “Le isole di Norman”, targato Italo Svevo Edizioni. Ma non è tutto. Prima di approdare nel mondo della letteratura, nel 2013 il suo monologo “Sutta al giardino” le valse il premio per monologhi teatrali “Per Voce Sola” del Teatro della Tosse di Genova. Ottimi traguardi dopo venti anni di ingegneria idraulica…



VERONICA GALLETTA, FINALISTA AL PREMIO STREGA 2022

Dopo aver lavorato con fiumi e con mari, Veronica Galletta continua a nutrire un grande amore per l’idraulica fluviale e per questo motivo le ha dedicato “Nina sull’argine”, uscito nell’ottobre del 2021 e tra i grandi protagonisti del Premio Strega 2022. Un libro che si colloca a metà tra testo di letteratura industriale e romanzo di formazione, con un elemento fantastico sullo sfondo. Veronica Galletta ha presentato così il suo realismo magico ai microfoni lindiependente.it: “Avevo l’esigenza di raccontare una storia. Una storia di lavoro. Ho cominciato a scrivere nel 2013, da quel momento non ho mai smesso di lavorarci. Quello che ho cercato qui di rappresentare è un lavoro che ho svolto per molti anni, un vero e proprio microcosmo fatto di relazioni in contrasto tra loro, attorno a cui ruotano figure molto diverse e che si conclude attraverso la realizzazione di una grande opera pubblica. Una volta che ho deciso che storia raccontare ho capito che dovevo usare parole tecniche, da ingegnere, non potevo raccontarlo diversamente. Verricello, ponteggio, sono parole che non hanno termini alternativi in grado di rendere l’atmosfera precisa che volevo rievocare nella mia narrazione. Ho sempre creduto molto nel linguaggio tecnico, ho lavorato sulla parola, cercando di sfruttare la sua forza evocativa”. Veronica Galletta ha ammesso di aver avuto l’impressione di scrivere un resoconto più che un romanzo, fino all’arrivo di Antonio: “Si trattava di un personaggio morto, ma in fondo era proprio quello che cercavo. Non mi sono posta il problema dei generi, ho cominciato a scrivere in maniera molto libera. In seguito ho dovuto studiare gli stilemi dei fantasmi, Giro di vite di Henry James, Requiem di Antonio Tabucchi, tutti studi che mi hanno fatto capire come regolare meglio l’idea di scivolamento che avrebbe dominato questo romanzo”.

Leggi anche

LETTURE/ Barbablù e la violenza sulle donne, quella “lezione” che non si vuol imparare