La più grande novità di questa edizione 2022 degli Oscar è l’istituzione di un premio speciale assegnato dal pubblico, che può votare tramite Twitter il suo film preferito dell’anno. Qualche giorno fa, l’Academy ha diffuso la lista dei dieci candidati al premio (l’elenco completo, con tanto di favoriti e pronostici lo trovate qui) e tra questi figura Sing 2 – Sempre più forte, il film d’animazione musicale Illumination diretto da Garth Jennings.
Seguito del film del 2016, ne ricalca la struttura cambiando l’oggetto del racconto: se nel primo si cercava di vincere un talent show per creare un musical teatrale, nel secondo, Buster Moon e la sua compagnia cercano di compiacere Jimmy Cristal, un temibile e potentissimo impresario, a finanziare il loro spettacolo. Moon sembra disposto a ogni bugia e ogni compromesso pur di arrivare al traguardo, ma scoprirà che ci sono cose più importanti.
Jennings scrive e dirige in solitaria una variazione del primo film, fedele alla regola dei sequel in cui gli ingredienti non vanno cambiati, ma aumentati, ingranditi. A variare è soprattutto l’obiettivo della satira: dove il predecessore si divertiva a sfottere molto bonariamente il mondo di X-Factor e simili, questo nuovo capitolo mira dritto al bersaglio grosso, ovvero il mondo di Broadway, la macchina produttiva e spettacolare del musical mainstream, i suoi meccanismi, le sue retoriche così prossime a quelle del peggior capitalismo a stelle e strisce mettendo alla berlina una logora e pericolosa cultura del lavoro e della fatica.
L’ambizione di celare certi contenuti in un prodotto popolare a target prevalentemente infantile non è bassa e di certo Illumination dà a disposizione al regista e agli animatori le tecnologie per rendere possibili i sogni più sfrenati, per realizzare scene e numeri musicali sempre più colossali. Questa opportunità, però, la sceneggiatura non la sfrutta a dovere e, come nel primo film, tende a chiudersi per due terzi della sua durata in scene frammentarie e sfilacciate, senza troppo nerbo, anche perché il mondo che si sta sbeffeggiando è prevalentemente nordamericano e fatica a comunicare con il pubblico di oltreoceano.
E proprio come per il primo film, è al finale che Jennings e soci delegano il compito di lasciare un buon ricordo del film allo spettatore, la pratica di spargere un po’ di quella pura fascinazione dello spettacolo fatto di ritmi e coreografie, di scenografie impossibili e colori rutilanti che è alla base dell’amore per il musical.
Sing 2 prova a rivolgersi a un pubblico un po’ più adulto e un po’ più consapevole, per farlo però si trova a spegnersi, a trattenere la vitalità, a limitare la commedia e l’estro in nome di qualcosa di importante, ma che Jennings non riesce ad adattare alla natura del film. Il rischio che si corre così è quello di evidenziare i difetti del modello, anziché replicarne i pregi.
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