La situazione per il Governo in vista dell’approvazione del Documento di economia e finanza si fa complicata. Il Consiglio dei ministri ha varato martedì un decreto per limitare ulteriormente gli effetti che i bonus edilizi hanno avuto e stanno avendo sui conti pubblici. Il provvedimento, voluto dal ministro dell’Economia Giorgetti, elimina infatti ogni tipo di sconto in fattura e cessione del credito per tutte le tipologie che ancora lo prevedevano. Il titolare del Mef ha spiegato che tra pochi giorni, quando si avrà contezza dei lavori eseguiti entro lo scorso 31 dicembre, si potrà capire quali sono stati gli effetti delle “norme nate in modo scriteriato e che hanno prodotto risultati devastanti per la finanza pubblica”. Secondo indiscrezioni di stampa, il deficit su Pil del 2023 potrebbe anche sforare il 7,2% comunicato a inizio mese dall’Istat. E questo potrebbe rendere più difficile far quadrare i conti e trovare lo spazio per gli interventi promessi sul fronte fiscale. Abbiamo chiesto un commento a Nicola Rossi, Professore di Economia politica all’Università di Roma Tor Vergata.



Professore, cosa pensa del provvedimento sul Superbonus varato martedì?

Non ho letto il testo del decreto, ma credo che qualunque cosa abbia pensato di fare l’Esecutivo per bloccare gli effetti dannosi di una misura altrettanto dannosa non possa che essere positiva.

Anche perché l’effetto sui conti pubblici del 2023 sarà forse più alto del previsto.



Ormai abbiamo capito che nel 2020 è stato messo in moto un meccanismo piuttosto infernale senza avere la più pallida idea di che cosa si stesse facendo. Purtroppo nel nostro Paese le responsabilità spesso e volentieri non vengono riconosciute, ma qui ce ne sono e di gravi.

Intanto si avvicina la messa a punto del Def. Sembra che il Governo possa inserire un nuovo intervento sull’Irpef riguardante i redditi fino a 50-55.000 euro annui. Cosa ne pensa?

Ogni intervento che va nella direzione di una riduzione delle imposte lo considero positivamente, purché venga iscritto in un disegno complessivo come mi sembra possa essere quello della riforma fiscale approvata e purché venga finanziato non a debito.



Si pensa a una copertura tramite le risorse che arriveranno dal nuovo concordato preventivo. Basteranno o c’è il rischio di fare un passo più lungo della gamba?

Non sappiamo a quanto ammonteranno, quindi è difficile dire se potranno essere sufficienti. Solo quando si avranno informazioni sul gettito derivante dal concordato preventivo si potrà capire se c’è il rischio di fare un passo più lungo della gamba.

Tuttavia, se partiamo con un deficit/Pil al 7,2% o superiore e resterà confermato l’obiettivo di chiudere l’anno al 4,3% non ci sarà molto margine…

Non c’è dubbio che la coperta sia corta, ma non mi sento da questo di concludere che non ci sarà necessariamente margine per fare alcunché. Dipende una serie di fattori di cui non abbiamo piena contezza e da quello che il Governo ha in mente di fare.

Se non può aumentare il deficit dovrà per forza tagliare la spesa.

Logicamente è così. Però, ripeto, non so quali siano le effettive intenzioni del Governo.

Se, come ha riportato Bloomberg, nel Def venisse indicata una crescita del Pil dell’1% quest’anno sarebbe un azzardo?

Dipende crucialmente da quali sono le informazioni su cui poggerà il Def. Dire se questa stima è eccessiva o meno mi sembra complicato in questo momento. Bisognerebbe capire quali sono le informazioni che il Governo ha sull’andamento dell’economia mondiale e dell’inflazione, sulle scelte della Banca centrale europea riguardo i tassi di interesse. Senza questi elementi è difficile capire se una previsione di crescita dell’1% può ritenersi o meno azzardata. Non abbiamo ancora tutte le informazioni del caso. Quelle che abbiamo consigliano in generale prudenza. E mi sembra che di questo il Governo sia perfettamente consapevole.

(Lorenzo Torrisi)

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