Dopo le discusse elezioni in Spagna dello scorso luglio, che hanno sostanzialmente portato ad uno stallo, visto la sostanziale impossibilità per ambedue le coalizioni di formare un governo, nel prossimo autunno altri due grandi Paesi dell’Unione sono chiamati alle urne. In Polonia e Olanda si terranno rispettivamente a ottobre e novembre le elezioni per il rinnovo del parlamento. È innegabile fin d’ora che, al pari di quelle svolte in Spagna, anche queste elezioni non potranno non avere influenze e ricadute su quelle per il rinnovo del prossimo parlamento europeo, previste per il 9 giugno 2024.



In Polonia, in particolare, la contesa vedrà confrontarsi l’attuale premier, Mateusz Morawiecki, leader del Pis, partito alleato della Meloni in Europa nel gruppo Ecr, contro l’ex premier, nonché ex presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, esponente di spicco dei popolari europei. È chiaro nei fatti che questa sfida, che per ora vede in testa con un buon margine il Pis, avrà comunque dei risvolti su quella che appare come una possibile alleanza tra conservatori e popolari al parlamento europeo. Donald Tusk non a caso è uno dei più fieri avversari, all’interno dei popolari, dell’attuale presidente dei popolari europei Manfred Weber, uno dei maggiori fautori di un accordo con l’Ecr.



Una vittoria di Tusk potrebbe ulteriormente allontanare l’accordo tra i due gruppi. Attualmente il partito di Morawiecki conduce su quello di Tusk di circa 9 punti, e un sorpasso appare attualmente come una ipotesi piuttosto improbabile. Il Pis certamente ha contribuito a rendere la Polonia una nazione con un peso specifico più rilevante all’interno dell’Unione, rafforzato paradossalmente dallo scoppio del conflitto in Ucraina. La sua posizione strategica, il suo chiaro e deciso appoggio all’Ucraina e l’aperta condanna dell’invasione russa hanno reso la Polonia di Morawiecki uno degli alleati più fedeli e leali agli occhi degli Usa di Biden, che invece non hanno gradito le troppe incertezze di tedeschi e francesi, soprattutto all’inizio.



La coerenza del premier polacco anche sul fronte migranti ha forse attirato critiche da parte di tedeschi e francesi e Commissione europea, ma ha certamente rafforzato l’autorevolezza del leader polacco in patria presso il suo elettorato tradizionale. È indubbio, infatti, che sul tema dei migranti e della gestione dei flussi di quelli irregolari, ormai tutti i Paesi europei debbano fare i conti. Basti pensare a quello che sta accadendo alla coalizione che governa in Germania, dove i socialdemocratici del cancelliere Scholz stanno perdendo consensi a tutto vantaggio della estrema destra di AfD, proprio a causa dell’aumento degli arrivi di migranti irregolari in Germania. Così come in Francia, dove Le Pen è data in testa in tutti i principali sondaggi sempre per il solito motivo.

I flussi irregolari di migranti sono ormai una delle priorità dell’Europa e questo anche grazie al nuovo grande sforzo che sta compiendo la premier italiana con le sue ripetute missioni in Africa, e in particolar modo in Tunisia, alle quali hanno partecipato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen e il premier olandese Mark Rutte. Premier olandese che è caduto, due mesi fa, proprio a causa della questione migratoria. In particolare la coalizione che reggeva il governo Rutte non avrebbe trovato l’accordo su un cavillo legale che regolamentava i ricongiungimenti dei famigliari con i migranti regolari nel Paese. Rutte, che vanta una delle più lunghe permanenze al potere in Europa, ha deciso di staccare la spina e andare a elezioni, non prima di avere annunciato il desiderio di fare un passo indietro ed abbandonare la vita pubblica. Sulla scena olandese è comparso come un falco il famigerato vicepresidente della Commissione Ue e commissario all’Ambiente Frans Timmermans a guidare la coalizione di centrosinistra, che viene data in testa con un leggero vantaggio sul partito dell’attuale premier, il Vvd.

È chiaro quindi che questi due importanti appuntamenti elettorali avranno certamente riflessi su quello che sarà il voto alle prossime europee, a cui tutti i principali partiti europei guardano per capire quale potrà essere la prossima composizione del parlamento e della Commissione. In questo contesto appare innegabile che il ruolo del premier italiano e del suo gruppo Ecr, che pare potenzialmente candidato a guadagnare i maggiori consensi rispetto al 2019 proprio anche e soprattutto grazie a FdI.

“Al di là dei sondaggi, che lasciano il tempo che trovano, quello che è chiarissimo è che abbiamo un’opportunità storica davanti a noi. È quella di correggere l’indirizzo preso dalle istituzioni europee negli ultimi anni, nel senso di una sorta di super-Stato europeo che riduce gli Stati nazionali a delle mere entità amministrative. Questo è un indirizzo politico che è stato portato avanti soprattutto dalle sinistre” ha spiegato molto bene qualche settimana fa Nicola Procaccini, co-presidente del gruppo Ecr. I popolari, malgrado alcune resistenze, guardano con grande interesse all’esperienza della Meloni e sembrano essere aperti a un gioco di sponda, se non proprio un’alleanza vera e propria, per uscire da quella impasse con socialisti e liberali che sta evidenziandosi in questi mesi proprio su alcuni dei fronti più caldi, come quello dell’immigrazione e dell’ambiente.

Ora questi prossimi appuntamenti elettorali in Polonia e Olanda daranno forse un quadro ancora più chiaro della direzione che si potrà prendere in vista del prossimo appuntamento europeo con le urne, in attesa di sapere cosa accadrà in Spagna, dove l’ipotesi di un ritorno alle urne è quella forse considerata più probabile.

Insomma, la matassa appare sempre più intricata, ma mai come questa volta il nostro Paese può giocare un ruolo di primo piano per cercare di districarla a proprio vantaggio.

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