Dal quadro di finanza pubblica previsto dal Governo si delinea una manovra espansiva di 22,6 miliardi di euro di maggiore deficit, mentre gli interventi straordinari per contrastare l’epidemia hanno dilatato la presenza dello Stato nell’economia, richiedendo più efficienza della Pubblica amministrazione per gestire gli investimenti, attuare con tempestività il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) e creare valore aggiunto dai processi di accumulazione di capitale pubblico.



Il quadro macroeconomico

Il quadro macroeconomico contenuto nella Nota di aggiornamento al Def varata dal Consiglio dei ministri la scorsa settimana registra una accelerazione della ripresa, con il Pil del 2021 in salita del 6%, migliorando il +4,5% previsto sei mesi prima nel Def, a cui segue nel 2022 un aumento del 4,7%. La migliore performance di quest’anno dell’economia italiana scaturisce dal boom degli investimenti, sostenuto dagli incentivi fiscali del superbonus 110% e del credito di imposta su macchinari e software: nel 2021 gli investimenti sono previsti in crescita del 15,5%, raddoppiando le previsioni di aprile (+8,7%), risultante da un aumento del 10% per i macchinari e del 20,9% per le costruzioni.



Con questa maggiore velocità della ripresa, nel 2022 il Pil dell’Italia supera dell’1,1% il livello pre-Covid-19; dopo la fase di recupero della drammatica recessione causata dalla pandemia, nel biennio 2023-2024 l’economia italiana cresce al ritmo del 2,3% annuo: un tasso così alto non si registrava dal 2000. Grazie all’alto profilo della crescita, che viene amplificata del 35% dagli interventi del Pnrr, nel 2024 anche l’Italia ritornerà su livelli del Pil superiori a quelli del 2007, precedenti alla Grande crisi del 2008-2009.

La manovra 2022

Nel prossimo triennio la politica di bilancio rimarrà espansiva. Per il 2022 si delinea una manovra di 22,6 miliardi di euro di maggiore deficit, pari a 1,2 punti di Pil, che porterà l’indebitamento netto dal tendenziale – ossia a politiche invariate – del -4,4% al -5,6% del Pil. È previsto un ampliamento del deficit di 1,5 punti nel 2023 e di 1,2 punti nel 2024. Lo stimolo fiscale determina una maggiore crescita di 0,5 punti nel 2022 e di 0,2 punti per il 2023, per il 71% generata dagli interventi espansivi sul lato della spesa e per il restante 29% da minori entrate e incentivi fiscali. Nella manovra saranno privilegiati gli interventi in grado di generare crescita, sostenere l’accumulazione di capitale e la dinamica della produttività e aumentare l’occupazione.



L’intonazione espansiva della politica di bilancio è consentita esclusivamente della crescita economica. La combinazione di una maggiore crescita reale e una più alta inflazione – il deflatore del Pil nel 2021 passa dall’1,1% delle stime di aprile all’attuale 1,5% e nel 2022 passa dall’1,3% all’1,6% – fa salire il Pil nominale, contribuendo al marcato miglioramento degli indicatori di finanza pubblica. Il rapporto debito/Pil scende già da quest’anno, passando dal picco del 155,6% del 2020 al 153,5% del 2021, con una riduzione di 2,1 punti. Seguono ulteriori riduzioni di 4,1 punti nel 2022, di 1,8 punti nel 2023 e di 1,5 punti nel 2024.

Dopo lo tsunami sui bilanci pubblici generato dalla pandemia, serve una revisione delle regole europee di bilancio. Il limite del 60% del rapporto debito/Pil previsto dai Trattati appare anacronistico, con questo indicatore che viaggia attorno al 102% per l’Eurozona, per salire al 115% nell’Uem al netto della Germania. Secondo le regole del Fiscal compact e del Patto di stabilità e crescita, che potrebbero rientrare in vigore dal 1° gennaio 2023, tra il 2020 e il 2040 l’Italia dovrebbe ridurre mediamente di 4,8 punti all’anno il rapporto debito/Pil: si tratta di uno sforzo fiscale eccessivo considerato che, con i motori della crescita a pieno regime, tra il 2021 e il 2024 si raggiunge una riduzione media di 2,4 punti all’anno.

Una Pa più efficiente

Per gestire una spesa pubblica che supera i mille miliardi di euro serve una Pa più efficiente. Gli interventi durante l’emergenza hanno determinato ricadute di entità straordinaria sul bilancio pubblico. I decreti emergenziali varati nel 2020 hanno generato un maggiore deficit nello stesso anno per 108,1 miliardi di euro e nel 2021 per 31,4 miliardi, mentre gli interventi varati nel corso del 2021 hanno determinato effetti espansivi su quest’anno per 71 miliardi di euro; sommando i 24,5 miliardi di euro di maggiore indebitamento netto sul 2021 indotto dalla manovra di bilancio varata lo scorso dicembre,  nel biennio la politica fiscale anti-Covid ha cumulato 235,1 miliardi di euro di maggiore deficit, più di 2,2 miliardi alla settimana. Il maggiore deficit ha accelerato la crescita del debito pubblico che, nei 17 mesi della pandemia, è salito di 279,2 miliardi di euro (+11,4%), alla velocità di 6.237 euro al secondo.

Con il maggiore disavanzo, sale la spesa pubblica, che nel 2021 tocca il massimo storico del 56,2% del Pil, superando i mille miliardi di euro (1.000,8 miliardi di euro), con un aumento del 14,9% rispetto al livello pre-crisi del 2019. Nel confronto internazionale, basato sulle previsioni dello scorso maggio della Commissione europea, l’Italia sale al terzo posto nell’Unione europea a 27 per il rapporto tra spesa pubblica e Pil, scalando tre posizioni rispetto al 2019. Con un crescente peso dello Stato in economia, serve una Pubblica amministrazione più efficiente. A fronte di una alta spesa, finanziata con un carico fiscale che nel 2021 è superiore di 1,1 punti alla media dell’Eurozona, rimane bassa la qualità percepita dei servizi pubblici, per la quale l’Italia è al 24° posto nell’Unione europea. Il nostro Paese scende all’ultimo posto nell’Unione per fiducia dei cittadini nei confronti della Pa.

Una macchina pubblica più performante serve da subito, per gestire la delicata partita degli investimenti pubblici del Pnrr: per accedere alla rata di fine anno di 24,1 miliardi di euro di finanziamenti europei, entro il prossimo 31 dicembre si dovranno raggiungere 38 target, tra 19 interventi di riforma e altrettanti investimenti. Come abbiamo evidenziato in precedenti analisi delle politiche pubbliche, ritardi e costi eccessivi delle opere pubbliche possono ridurre di oltre un terzo gli effetti moltiplicativi degli investimenti pubblici.

I rischi all’orizzonte

L’attuale fase congiunturale positiva non è esente da rischi e incertezze. Sul fronte dell’emergenza sanitaria la Nota di aggiornamento al Def valuta che una minore efficacia dei vaccini per le varianti del Covid-19, con nuovi provvedimenti restrittivi tra l’ultimo trimestre 2021 e il primo semestre 2022 potrebbero generare effetti recessivi di mezzo punto di Pil nel 2021 e di 1,4 punti nel 2022.

L’aumento dei prezzi delle commodities comprime la creazione di valore aggiunto. Sulle micro e piccole imprese della manifattura e dell’edilizia è stimato uno shock da costi delle commodities non energetiche di 46,2 miliardi di euro. Il prezzo del barile di Brent previsto per il prossimo anno nella Nota di aggiornamento è di 66 dollari, in salita di 8 dollari rispetto alle previsioni dello scorso aprile, determinando una riduzione di 0,3 punti alla crescita del Pil: l’impatto del caro-petrolio assorbe circa il 60% dell’impulso espansivo della  manovra.

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