Il primo vero “dossier Italia” è in dirittura d’arrivo e, manca davvero poco, per poi vivere il tanto atteso momento clou. Ci riferiamo alla Nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza o più comunemente conosciuta attraverso la sigla “Nadef”.
«Aspettate una settimana, la prossima arriva la Nadef” (Ansa). Queste le parole del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a margine del convegno “Le Buone Leggi. Semplificare per far ripartire l’Italia”. Nell’attesa, però, molti pensieri (preoccupazioni) desteranno l’attenzione del principale inquilino di via Venti Settembre e, non è un caso, come lo stesso ministro abbia palesato questa sua attuale sofferenza: «A me fa paura la valutazione dei mercati che comprano il nostro debito pubblico e dico ai ministri che rispetto il loro operato ma tutte le mattine ho il problema di vendere il nostro debito pubblico accattivante per convincere la gente a comprarlo».
Questo tipo di affermazioni non possono essere trascurate, poiché, il ministro Giorgetti è “uomo di finanza” e conosce molto bene la forza e la debolezza “del mercato”. Persona molto colta, affidabile, e soprattutto pragmatica: tecnicismi o meno la verità attraverso le sue parole arriva sempre prima rispetto al naturale succedersi degli eventi. Si è letto molto su di lui e sulle sue indubbie capacità. Verosimilmente un tecnico adeguato alla politica? Non importa, ma, quello che invece conta è la sua caratteristica prudenza sottolineata in più occasioni.
Possiamo immaginare come, talvolta, un suo gesto o una sua smorfia possa valere molto di più che la diffusione di un comunicato stampa. Per tali, così come per molte altre doti, il suo legame con il Presidente Draghi non è un caso e, sempre immaginiamo, come siano stati difficili i momenti di mediazione (e riparazione) nel corso dell’Esecutivo dell’illustre Super Mario. Oggi, però, il testimone è nelle sue mani. E nelle sue parole.
Quel citato debito pubblico, ormai, non fa più clamore per il suo mastodontico ammontare: la quota record degli oltre 2.848 miliardi riportata ad agosto da Banca d’Italia appare proiettata inevitabilmente in direzione di una prossima e malaugurata soglia psicologica pari a 3.000. Si possono già immaginare le prime pagine dei giornali con un titolo sicuramente accattivante, ma, questo “brutto momento”, adesso, è ancora lontano. Viceversa, più vicina, è la resa dei conti ovvero «Quando si fa una legge bilancio ci sono sempre richieste dei partiti e dei ministri ben al di là delle reali possibilità, poi però nel bilancio dello Stato a un certo punto si tira una linea e quella deve quadrare». Sempre parole del ministro Giorgetti e sempre spunti per riflettere poiché, in queste ore, le cifre appaiono difficilmente riconciliabili.
«Se i tassi fossero rimasti quelli dell’anno scorso o di due anni fa avevo 14-15 miliardi in più da mettere sul fisco ma non ci sono più e si farà più fatica ma si fa». Ovviamente, ancora una volta, ancora lui: il ministro Giorgetti. Purtroppo la verità è questa e non può essere né scansata, né affrontata con leggerezza. Il mercato è qui, pronto, e aspetta.
Sui numeri, comunque, la cosiddetta quadra si troverà e, come ogni volta, seguiranno le solite obiezioni, repliche, pareri migliori, “i se” e “i ma”. Il tutto all’insegna di una pressoché naturale coazione a ripetere italica. Questo è. Noi stessi, guardando limitatamente a soli pochi numeri, qualche dubbio ce lo siamo posto. Non solamente in queste giornate, bensì ad aprile scorso.
Quella voce “interessi passivi” ci sta ancora stretta e le riportate affermazioni del ministro Giorgetti riconducibili all’andamento dei tassi di interesse ci confermano le perplessità maturate in tempi non sospetti. Nel documento “Bilancio semplificato dello Stato per il triennio 2023-2025” le somme previste per l’anno in corso ammontano a 81.106 milioni di euro e nel recente “Rapporto mensile sul conto consolidato di cassa del settore statale e delle amministrazioni centrali” (aggiornato a luglio) i valori assoluti concernenti la formazione del saldo del Settore Statale vede un saldo a quota 38.358 milioni ovvero in forte aumento rispetto ai 32.967 milioni del 2022. Una crescita che, ulteriormente, trova una sua coerente correlazione (e giustificazione) nel comunicato n. 126 diffuso ad agosto dal ministero dell’Economia e delle Finanze: «La spesa relativa agli interessi sui titoli di Stato è aumentata di circa 1.500 milioni rispetto allo stesso mese dell’anno precedente».<
Nel suo complesso, la dinamica finora conseguita, vedrà una progressione (crescente) che troverà l’ennesima conferma il prossimo 4 ottobre mediante la pubblicazione “Conto trimestrale delle AP reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società” a firma Istat. È bene ricordare come nel primo trimestre dell’anno l’importo “Interessi passivi” registrava un ammontare a 15.633 milioni ossia in lieve calo rispetto ai 16.549 milioni dello stesso periodo del 2022. Solo soffermandoci a questa scomoda, ma, rilevante voce di bilancio possiamo immaginare i pensieri del ministro Giorgetti. Poco invidiabile, decisamente.
Purtroppo, non è finita. Fuori Italia, i vari e noti osservatori, hanno pressoché sentenziato contro il Bel Paese. Per Ocse, il 2023, vedrà una crescita tricolore di uno 0,8% palesemente in ribasso (-0,4%) rispetto alla precedenti stime. Sempre settimana scorsa, anche l’agenzia di rating Fitch, ha tagliato la sua view sul nostro Pil: ora è atteso a 0,9% (anno corrente) in rallentamento se paragonato all’1,2% iniziale. Siamo certi di apprendere altri pareri (critici) nel corso delle prossime settimane, ça va sans dire. Non è (e sarà) un buon momento. Riprendendo, ancora una volta, le parole del ministro Giorgetti concludiamo sostenendo di essere «In alto mare…» che, come riportato, è stata la risposta alla domanda «A che punto siamo con la manovra?». In quell’occasione, però, il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti pare abbia scherzato. Di questo ne siamo veramente sicuri?
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