Il primo programma elettorale presentato in vista delle prossime votazioni è quello del centrodestra. Il primo documento che è stato diffuso dalle agenzie la sera del 4 agosto è una bozza in 15 punti che copre gli elementi essenziali. L’idea è che fino al 15 agosto ci sarà una breve fase di discussione con gli elettori (iscritti ai partiti della coalizione, simpatizzanti, indecisi e – perché no? – cittadini usi a votare per le varie forme di centrosinistra e sinistra), Successivamente, i leader della coalizione (che sono stati, tuttavia, coinvolti sin dall’inizio) daranno un ultimo ritocco e il giorno della ricorrenza dell’Assunta presenteranno in pompa magna il documento.
Il metodo è, senza dubbio, buono. Il centrodestra si è potuto avvantaggiare sugli altri schieramenti perché ha mantenuto un notevole grado di coesione anche quando alcuni erano al Governo e altri all’opposizione. I sondaggi degli ultimi mesi, poi, hanno fatto da stimolo e da incoraggiamento.
Sarebbe un errore se gli altri schieramenti si lanciassero in critiche del documento (peraltro ancora in bozza) prima di presentare i loro programmi. Darebbero agli elettori l’impressione di essere reattivi e forse anche di andare all’assalto di idee degli avversari in quanto privi di proprie.
Critiche sono state rivolte a quello che è il quadro complessivo del documento: una grande riforma costituzionale in senso presidenziale (all’americana) oppure semi-presidenziale (alla quinta Repubblica francese). Si è parlato di “svolta autoritaria” ove non “fascista”. Il Prof. Mangiameli ha analizzato ieri su queste pagine gli aspetti giuridici della materia.
Sono critiche prive di base: tra studi e lavoro ho passato 18 anni negli Stati Uniti e non mi sono mai sentito in un sistema autoritario. Basta vedere il vecchio (1962) film di Otto Preminger Tempesta su Washington per comprendere quali sono i pesi e i contrappesi di un sistema presidenziale. D’altronde, anche in Italia, il Parlamento è stato forte quando si contrapponeva a un Esecutivo forte (si pensi, ad esempio, ai Governi Spadolini e Craxi).
Il documento pone l’accento soprattutto sulla crescita economica nella consapevolezza che dopo un 2022 in cui l’Italia è stato uno dei Paesi europei il cui Pil è più aumentato si profilano tempi difficili in cui inflazione si può coniugare con recessione. Lo sosteniamo da settimane su questa testata ed è stato uno dei punti centrali della più recente conferenza stampa del presidente del Consiglio Prof. Mario Draghi..
La crescita verrebbe ottenuta principalmente con una massiccia riduzione del carico fiscale: portare l’aliquota forfettaria del 15% ai professionisti con partita Iva che guadagnano sino a 100.000 euro l’anno, ridurre le tax expenditures e simili, rilanciando la spesa pubblica per investimenti, soprattutto nel Sud con la riproposta del Ponte di Messina. Silvio Berlusconi ha fatto una proposta aggiuntiva: una flat tax del 23% per tutti gli italiani quale che sia la loro situazione professionale.
Qui sorgono i veri problemi che dovranno essere almeno in parte chiariti nei prossimi giorni. Quali saranno gli impatti sulla finanza pubblica e sul debito delle pubbliche amministrazioni? Il gruppo di lavoro che ha predisposto questa bozza di documento ha senza dubbio la strumentazione econometrica per elaborare e mostrare simulazioni. Per il Ponte di Messina, in particolare, ci si dovrebbe impegnare a fare un’analisi costi benefici in condizioni d’incertezza quali quelle effettuate, ad esempio, per l’alta velocità Torino-Lione, per il passaggio tra televisione analogica e digitale terrestre, per progetti di sviluppo turistico nel Mezzogiorno.
Altro punto da approfondire è la concorrenza, Si pensa proprio a una politica di crescita senza porre fine a particolarismi come quelli che privilegiano, ad esempio, i tassisti?
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