Il disegno delle moschettiere rosse di Elly Schlein sta scricchiolando. L’idea di un Pink Team di sinistra con la Annunziata, Cecilia Strada e la Salis guidate dalaa Schlein era perfetto. La guerriera ingiustamente imprigionata, la pacifista che cura gli infermi e l’intellettuale aggressiva guidate dalla loro leader dai valori fluidi avrebbero dovuto, nelle intenzioni, stanare dai maledetti divani le orde di elettori di sinistra radicale che ancora non vanno a votare il Pd e che, non appena vedono una delle vecchie facce aggirarsi in TV, soffrono di paralisi immediate che gli impediscono di andare ai seggi. Solo che ieri la candidata più iconica e controversa, la Salis, è uscita di scena.



Il perché non è dato sapere e vista la delicata situazione che vive neppure va molto indagato. Certo è che l’idea era buona. Una paladina dell’antifascismo militante messa capolista con l’idea di chiedere un voto civico sulla sua prigionia, ingiusta. La cosa non si farà, ma ciò non vuol dire che Elly Schlein rinuncerà al progetto di Grande Reset del Pd che va svuotato di ogni idea, faccia o pensiero che sia riconducibile al periodo Letta o Renzi. E da lì si riparte. Senza che vi sia dubbio alcuno sulla direzione.



La parte che ha preso in mano il partito ormai dice chiaro e tondo che il Pd di domani è un partito di sinistra senza compromessi e che non guarda più al potenziale centro moderato lasciato alle mire di altri. Come il vecchio Pci si guarda dai nemici a sinistra e mira a sconfiggerli vedendo nella destra un mondo lontano che non intende neppure provare a rappresentare. Le candidature di Zingaretti, Bonaccini, De Caro sono utili per i voti e la conta interna, ma non hanno peso politico reale. Checché se ne dica. Loro hanno già governato il Pd in ruoli ed epoche diverse, ora devono o andare via, casomai a fare la pensione a Bruxelles, o zittirsi. Ma la Schlein ha bisogno che dalle Europee esce un partito identitariamente indiscutibile, con esponenti nuovi e che sia attorno al 20-24%. A quel punto attendere la consunzione meloniana per guidare i progressisti alla vittoria. Nelle intenzioni.



Perciò non deve spaventare la sua inesperienza tattica, come partito e come segreteria, e gli errori come quello della Salis. La Schlein sta facendo la prima esperienza di lista nazionale della sua vita e qualche scivolone ci sta. Solo che, come ben sa, tutto le si potrà perdonare anche dentro il Pd tranne una cosa: pender meno voti di Letta. Se così sarà la strada porterà diritto alle dimissioni e lei e i suoi faranno i bagagli. Perciò si candiderà e cercherà di affermarsi perché dal 6 giugno o parte l’operazione PD+S o il simbolo verrà lasciato al suo destino e in tanti andranno altrove. Per ora si deve solo auspicare che la mancata candidatura della Salis sia foriera di un grande impegno per farla uscire di galera, visto che non la si potrà votare. Tenerla dentro ancora in quelle condizioni è intollerabile. La sinistra, almeno quello, glielo deve.

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