Settimana scorsa l’Economist ha deciso di mettere in copertina l’immagine dell’ex Presidente americano Trump accompagnato dalle seguenti parole “Gli allarmanti piani per un secondo mandato”. Le presidenziali americane del 5 novembre 2024 cominciano a entrare nell’orizzonte degli investitori. Mancano ormai solo sei mesi, estate e Natale inclusi, al primo test vero con le primarie dell’Iowa il 15 gennaio. In primavera, tra meno di un anno, saremo in piena campagna elettorale.



I mercati e l’economia arrivano da una lunga fase di recupero iniziata a primavera del 2020 che non si è ancora conclusa e che è durata molto più a lungo di quanto molti pensassero. Più passa il tempo, più diventa chiaro il ruolo che hanno avuto le politiche fiscali e monetarie. Per Biden il problema economico maggiore è stato finora il contenimento dell’inflazione arrivata sulla scorta di stimoli fiscali e monetari senza precedenti. Oggi l’inflazione è in discesa, ma si affaccia all’orizzonte un possibile rallentamento economico che arriverebbe in una fase di tassi alti e inflazione accumulata ampiamente sopra il 10%. Le attese sui tassi e gli elementi che vengono dati in questi giorni di uscita dei dati sul secondo trimestre indicano come probabile l’inizio del rallentamento nel quarto trimestre. È troppo presto per qualsiasi valutazione sull’intensità della crisi, ma ai fini della politica quello che conta è che il rallentamento potrebbe colpire nel pieno della campagna elettorale.



La vittoria di Trump nel 2016 è arrivata contro ogni pronostico ed è stata attribuita alla delusione di un’ampia fetta della popolazione rimasta ai margini della ripresa iniziata nel 2009 dopo il fallimento di Lehman. L’allora Presidente della Fed, oggi segretario al Tesoro dell’Amministrazione Biden, Janet Yellen, per mesi aveva messo l’accento sull’aumento delle diseguaglianze nella società americana. Era l’effetto delle politiche monetarie che avevano premiato i “ricchi” molto più dei “poveri”. Sulla questione sono poi tornati molti commentatori democratici che hanno indagato le ragioni di una parte dell’elettorato dimenticata dai grandi media. Trump era il grande favorito per la riconferma nel 2020, nonostante le divisioni e le polemiche, per l’esuberanza del mercato del lavoro americano che vedeva il tasso di disoccupazione degli afroamericani ai minimi di sempre e per la virata sulle politiche commerciali. Il Covid ha rovinato i piani.



L’economia rischia di entrare di nuovo nella campagna elettorale. L’attenzione dell’americano medio alla politica interna è superiore a quella degli elettori europei; gli Stati Uniti sono un continente con quattro fusi orari. La Fed tende sempre a non entrare nella competizione elettorale con cambi di politica monetaria. È quello che è successo nell’ultima parte del secondo mandato di Obama con il ritardo nell’alzare i tassi. Oggi la Fed è impegnata a combattere l’inflazione. Qualsiasi cambio, soprattutto se prematuro, sarebbe visto come un regalo all’Amministrazione uscente. Biden ha svuotato le riserve strategiche di petrolio pur di frenare la corsa del prezzo alla pompa a dimostrazione di quanto siano sensibili per l’elettorato certe variabili.

La seconda leva è quella della politica fiscale. Gli Stati Uniti viaggiano su ritmi di deficit molto superiori a quelli precedenti il Covid e sulla cui sostenibilità si discute sempre più spesso. La crisi potrebbe arrivare più tardi o essere meno severa del necessario perché la politica fiscale rimane accomodante più di quanto non sia consigliabile. Gli eccessi fiscali potrebbero prolungarsi proprio per evitare che la normalizzazione “entri in campagna elettorale”.

Finita l’estate mancherà poco all’inizio di una campagna elettorale che si preannuncia infuocata soprattutto se Trump dovesse emergere ancora una volta dalle primarie di casa repubblicana. L’affacciarsi di un rallentamento o di una crisi muoverebbe l’Amministrazione uscente impegnata in un confronto velenoso; l’impatto sui mercati e sull’economia potrebbe essere rilevante. Nessuno vuole trovarsi a sei mesi da un confronto chiave con l’economia a rotoli.

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