Sì, viaggiare. Ma con gusto. È il trend più sviluppato emerso dalla quarta edizione del “Rapporto sul turismo enogastronomico italiano”, curato da Roberta Garibaldi (patrocinio di ENIT, Fondazione Qualivita, ISMEA e Touring Club Italiano), e presentato l’altro giorno in Senato, alla presenza del ministro del Turismo Massimo Garavaglia, del sottosegretario alle Politiche agricole alimentari e forestali Gian Marco Centinaio, di Alessandra Priante, direttore Europa di UNWTO, e del presidente ENIT Giorgio Palmucci. Il documento contiene analisi quanti-qualitative, ricerche inedite e contributi di esperti, e offre una fotografia del turismo enogastronomico e previsioni sulle dinamiche e i nuovi trend della domanda italiana nella fase post-Covid. “Un rapporto – ha detto il ministro – che è uno strumento di lavoro.
Il messaggio dato dal premier Mario Draghi a conclusione del G20 è chiarissimo: l’Italia è riaperta, l’industria del turismo ha riacceso i motori, siamo pronti a riprendere la corsa. E l’enogastronomia è uno dei nostri punti di forza. Ha retto in un momento di crisi, è sostenibile e può correre ancora più veloce, ma ci dobbiamo organizzare per esprimere pienamente le nostre potenzialità in questo ambito. Se ci mettiamo a lavorare per un piano nazionale legato all’enogastronomia, utilizzando questo rapporto come documento di lavoro, potremo sfruttare un cavallo in grado di partire con la rincorsa e allora questo palio lo vinceremo noi”.
Ecco allora le indicazioni fornite dal documento. I turisti enogastronomici sono sempre di più, e scoprono località anche insolite, soprattutto negli entroterra, partendo magari dai litorali (che restano le loro destinazioni preferite), e sono sempre più consapevoli, attivi, esigenti, innovativi e attenti alla sicurezza e alla sostenibilità, avanguardie di un turismo virtuoso, che contribuisce alla tutela delle risorse locali e del paesaggio, che destagionalizza e crea nuovi equilibri tra urbano e rurale. “La crescita del fenomeno enogastronomico è costante – dice Roberta Garibaldi -: se nel 2016 soltanto il 21% degli intervistati aveva svolto almeno un viaggio con principale motivazione legata a quest’ambito nei tre anni precedenti, per poi salire al 30% del 2018 e al 45% del 2019, con l’analisi 2021 la percentuale è cresciuta fino al 55%. L’impatto della crisi innescata dal Covid pesa sul numero di esperienze fruite che diminuiscono in media del 27% rispetto 2019 e sul potere di spesa (il 31% afferma di aver destinato un budget inferiore rispetto al 2019, mentre il 27% dispone di maggiori risorse)”.
Nel 2020, i turisti italiani hanno riscoperto l’Italia come destinazione, scelta quasi obbligata dalle restrizioni imposte ai viaggi internazionali. E anche questo ha determinato una voglia di approfondire la conoscenza del patrimonio di sapori territoriali. Le località di mare sono diventate la porta di accesso per partecipare a esperienze enogastronomiche memorabili nell’entroterra (53% dei turisti enogastronomici), davanti alle città d’arte e alle destinazioni montane. La voglia di vivere all’aria aperta spinge i turisti alla ricerca di sistemazioni come agriturismi (l’86% ha intenzione di alloggiarvi) e relais di campagna (59%), con una ricerca di soluzioni innovative, tra cui spiccano alberghi a tema cibo-vino (56%), glamping (29%) e case sugli alberi (32%). Nella scelta degli hotel, la presenza di un’offerta che valorizza i cibi tipici locali appare sempre più determinante e l’80% degli intervistati si aspetta una prima colazione a base dei prodotti del luogo.
La ricerca di esperienze sempre più personalizzate ha sostituito alle consuete visite in cantina (percepite come troppo simili tra loro dal 60% dei turisti enogastronomici), la volontà di prender attivamente parte alla visita (ad esempio per una vendemmia attiva) e agendo in sintonia con la natura (raddoppia la percentuale di chi vuole raggiungere l’azienda in bicicletta). La consapevolezza acquisita delle tematiche socio-ambientali trasforma il turista enogastronomico in una sorta di stakeholder del luogo e dell’azienda virtuosa. La scelta di una destinazione diventa una sorta di premio alle aree e alle aziende agricole che hanno operato per lo sviluppo autentico e armonico, rivalutando e proteggendo i saperi e la cultura locale, creando nuove opportunità di lavoro soprattutto per giovani e donne. E la fidelizzazione del turista, con l’acquisto dei prodotti, appare come una logica conseguenza dell’esperienza vissuta.
Il 65% dei turisti enogastronomici sarebbe interessato a frequentare percorsi e workshop nelle aziende di produzione con informazioni utili sul benessere psicofisico, il 64% vi vorrebbe praticare attività sportiva all’aria aperta. Offerte come lo yoga, il forest bathing e la possibilità di praticare sport in ambiti rurali (palestra, trekking, bici) assumono particolare importanza nelle decisioni di visitare territori e imprese del f&b. Cambiano anche la modalità di accesso all’esperienza e la digital revolution acquista un peso rilevante nella fase pre e in quella post esperienziale.
Se nella scelta di visitare un’azienda o un territorio continua a prevalere il passaparola tra amici e conoscenti (55%), la ricerca evidenzia tuttavia un peso sempre più importante dei social network con Instagram in crescita (+4%) rispetto a Facebook che continua comunque a essere lo strumento social più utilizzato. Nelle modalità di prenotazione si evidenzia, come effetto della pandemia e della necessità di una prenotazione o conseguente possibilità di disdetta, un ricorso rafforzato alla chiamata diretta via telefono (62%) o tramite mail (46%), preferite alle soluzioni di contatto attraverso portali istituzionali o agenzie di viaggio. Il digitale è invece diventato lo strumento di riferimento per la fase successiva all’esperienza diretta, dall’acquisto dei prodotti con consegna a domicilio (che interessa il 70% degli intervistati) fino alle degustazioni digitali e alla possibilità di entrare a far parte di wine club.
“L’enogastronomia ha contribuito a mantenere salda l’affezione per l’Italia in questo momento difficile e nel tempo ha anche trasformato i turisti in viaggiatori – ha commentato Giorgio Palmucci -. La fruizione di esperienze a tema enogastronomico diventa patrimonio comune, generando flussi turistici distribuiti in ogni periodo dell’anno e in località meno note. Queste esperienze hanno mutato la geografia turistica, introducendo nuove forme di approccio alla conoscenza dei territori, rappresentando anche un traino per le imprese, un profondo rinnovamento dei modelli turistici, aprendo sempre più l’offerta in direzione della sostenibilità, e di un adattamento ai nuovi trend di domanda e offerta orientati alla qualità dell’accoglienza. Il sistema turistico italiano con la sua cultura gastronomica di tutto rilievo sta prendendo sempre più coscienza. Si assiste ad una trasformazione della ristorazione che è tra le prime motivazioni di viaggio, soprattutto per i turisti stranieri. E spesso è proprio la scoperta di esperienze enogastronomiche a prolungare l’esperienza di viaggio”.
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