“Non c’è felicità nella vita, c’è solo un miraggio all’orizzonte. Ho visto speranza nei suoi occhi” (di Biden, ndr). Non è Dostoevskij, è Vladimir Putin, il presidente (dittatore, per molti), della Russia. Si è scoperto filosofo, Putin, nella conferenza stampa finale di quello che è stato, come ci ha detto Andrew Spannaus, giornalista e opinionista americano, fondatore di Transatlantico.info, “un vertice importante nonostante le apparenze, pianificato e voluto da Biden come primo passo di un processo che durante il suo mandato deve generare un nuovo paradigma di stabilità”.
Inoltre, ci ha detto ancora, sullo sfondo delle preoccupazioni americane c’è sempre la Cina: “La speranza americana è di far sì che l’attuale intesa tra Mosca e Pechino si assottigli sempre più”.
C’è chi non ha approvato il fatto che Biden e Putin abbiano tenuto due conferenze stampa separate, come se fosse il segno di una distanza che rimane tra i due; è così?
No, Biden e Putin hanno scelto di non fare dettare la linea alla stampa.
In che senso?
Hanno volutamente evitato la conferenza congiunta, rilasciando singolarmente dichiarazioni abbastanza concilianti. Abbiamo visto in passato come le domande della stampa possano definire tutto il contesto, basta pensare al “killer” di Biden nei confronti di Putin, messogli in bocca da un giornalista. O il vertice di Helsinki tra Trump e Putin del quale tutti si ricordano solo la risposta di Trump alla domanda insistente di un giornalista.
Come commenta la presa di posizione del New York Times sugli hacker?
Il NYT ha criticato Putin sulla questione degli hacker russi dicendo che il presidente russo ha parlato di un qualche accordo per collaborare contro i cyber-pirati, ma che si tratta sicuramente di un tentativo di ignorare la questione.
Se non sbaglio anche Biden ha detto chiaramente che gli hacker non sono manovrati dal governo russo, ma dalla criminalità.
Le discussioni sugli attacchi cyber sono state centrali, si sapeva già, l’obbiettivo era di stabilire un consiglio congiunto per lavorare contro gli attacchi informatici che secondo gli Usa non sono guidati da Mosca ma da gruppi criminali, mentre la Russia accusa gruppi criminali americani. Ma il NYT come suo solito ha cercato di riportare tutto alla sua visione, quella di accusare Putin di qualsiasi cosa ed evitare la collaborazione fra americani e russi.
Tornando al summit, forse la cosa più importante è stata quando Biden ha definito la Russia una grande potenza come gli Usa, al contrario di quando Obama disse che era solo una potenza regionale. Che ne pensa?
Assolutamente sì, questo è il lato pubblico di un processo già in atto. Gli Usa hanno proposto un dialogo fra grandi potenze, vogliono trattare la Russia come una grande potenza. Possiamo anche litigare su alcune cose ma dobbiamo collaborare su altre, è il messaggio. Un processo iniziato a livello di intelligence da settimane e che adesso continuerà perché è nell’interesse di entrambi.
Quali sono i punti principali di questo processo?
La guerra agli hacker, il controllo degli armamenti, i punti caldi come l’Iran, la Nord Corea, l’Afghanistan dove è importante che le grandi potenze lavorino insieme per la stabilità. Lo scopo di questo dialogo è proprio quello di arrivare a una stabilità fra le grandi potenze.
E la principale preoccupazione degli Stati Uniti?
L’avvicinamento strategico ed economico fra Russia e Cina. L’obiettivo principale della politica estera di Biden, nato con Obama e portato avanti in modo diverso da Trump, è la Cina, cioè come fermare la crescita dell’influenza cinese. L’Indo-Pacifico di cui tanto si parla è quella zona dell’Asia, compresa l’India, che comincia a essere più vicina agli Usa rispetto al passato e dove gli Usa contrastano l’espansionismo cinese. Che per ora è solo economico, ma in futuro potrebbe diventare anche militare.
Rompere la convergenza strategica di Russia e Cina è un’operazione che può riuscire?
La volontà di collaborare con la Russia mira proprio a capitalizzare la possibilità di dissidi tra Russia e Cina. Questa però è una speranza che nessuno sa se si avvererà. A Washington c’è l’idea che l’espansione cinese aumenterà i dissidi con la Russia. Lo stiamo vedendo in Iran, dove la Cina ha firmato un accordo pluridecennale di collaborazione e la Russia sta cercando di reagire con nuovi accordi.
Quindi cosa promette l’America a Putin?
Putin ha bisogno di qualcosa in cambio, ma soprattutto di rispetto come grande potenza. Sulla questione dei diritti umani Putin sa come rispondere, lo ha fatto citando Guantanamo. Per Biden è un obbligo parlare di Navalnyj, ma è evidente che non vuole che la questione sia di intralcio a obbiettivi più ampi. Putin vuole rassicurazioni sulle questioni militari strategiche, l’accerchiamento della Nato, dall’Ucraina ai Baltici, e gli Usa vogliono evitare che si sentano provocati e intervengano ancora in Ucraina.
L’accordo sull’Ucraina non appare molto complicato?
Prima del vertice il presidente ucraino aveva avvertito che qualora si fosse deciso qualcosa non lo avrebbero accettato. Ricordiamo una cosa: Putin non è la destra in Russia, l’opposizione più forte viene da destra, non dai liberal o dalla sinistra. Si trova in una situazione paradossale: vuole farsi rispettare ma non deve sembrare troppo amico degli Usa perché questo alimenterebbe l’opposizione della destra. La collaborazione tra i due paesi sarà sempre limitata però può portare a una maggiore stabilità.
(Paolo Vites)
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