L’occasione è stata l’incontro della Comunità politica europea, una organizzazione intergovernativa di cui fanno parte 47 Paesi del continente e il cui ultimo summit si è tenuto in Moldavia. Proprio lì, infatti, Zelensky ha chiesto di allargare l’Unione Europea e la Nato a tutte le nazioni che confinano con la Russia.
Una prospettiva da tempo sottoscritta da inglesi e americani, che avrebbe lo scopo, per i suoi fautori, di isolare ancora di più Putin, dandogli la patente di nemico numero uno. Una decisione, spiega Fabio Mini, generale già capo di Stato maggiore del comando Nato per il Sud Europa e comandante delle operazioni Nato di pace in Kosovo, che renderebbe la conflittualità con i russi un elemento stabile del quadro geopolitico. “In questa prospettiva – commenta Mini – non solo avremo la guerra alle porte, l’avremo in casa”.
Generale, la proposta di Zelensky di allargare Ue e Nato in pratica a tutto ciò che in Europa non è Russia è una boutade o un obiettivo concreto?
È un piano già noto. Gli inglesi e gli americani lo hanno detto milioni di volte, Stoltenberg lo stesso. Arrivare al muro da Stettino a Trieste, come diceva Churchill, o come diremmo ora, dalla penisola di Kola al Caucaso: è questo che si vuole fare.
Il presidente ucraino è solo portavoce di un’idea altrui?
Zelensky vuole le stesse cose che vogliono gli occidentali. Perché non c’è un occidentale che abbia detto un no, anche indiretto, a questo processo di allargamento. Non vogliono nessun Paese neutrale, ma tutti devono scegliere se stare da una parte o dall’altra.
Si va, quindi, verso un’Europa completamente unita nella Nato e che isola sempre di più la Russia?
Il rischio è proprio quello. E non è così lontano. Di fronte soltanto alla prospettiva che si verificasse un ulteriore allargamento della Nato la Russia è intervenuta in Ucraina. E adesso dall’operazione speciale tra un po’ di giorni passerà alla guerra vera, con altre distruzioni e conseguenze dal punto di vista politico e diplomatico. Con l’Alleanza atlantica che non può più far finta di stare a distanza e gli Usa che premono perché i Paesi europei della Nato pensino a versare il sangue che Zelensky chiede agli americani. L’idea dell’isolamento della Russia dal punto di vista economico ci può anche stare, ma i rischi di un grande conflitto ci sono tutti.
Così ci condanniamo a un’insicurezza perenne?
Certo, il nemico ce l’abbiamo a casa. Si va verso la distruzione di qualsiasi canale di comunicazione e verso l’isolamento di Mosca.
Con quali conseguenze nello scenario mondiale?
Se la Russia si isola dall’Europa non è tanto un problema per Mosca: ha tutta l’Asia e tre quarti del mondo che sono pronti ad acquistare il suo gas e il suo petrolio.
E’ già successo nell’ultimo anno: la Cina ha aumentato di molto il suo volume d’affari con la Russia. Un trend che continuerà?
Non è un discorso che riguarda solo la Cina. Anche l’India sta pompando petrolio e gas dalla Russia in maniera incredibile. E ci sono anche altri Paesi. Il desiderio di avere formalmente un’alleanza che sta appoggiata agli Urali va contro qualsiasi saggezza e ragionamento di carattere geopolitico.
L’unico che nel vertice ha detto di mantenere i contatti con la Russia è Macron: troppo poco per cambiare l’atteggiamento dell’Europa?
Anche Macron ha la sua piccola agenda personale, pensa a un’Europa strategicamente autonoma dagli Usa, ma la vorrebbe a guida francese. Ma chi ci sta con la Francia?
Lei sostiene che l’operazione speciale russa diventerà una guerra ancora più pesante e distruttiva: la prospettiva per l’Ucraina è quella di una nuova Cecenia?
Si andrà avanti a distruggere, ma la Cecenia era un problema interno della Russia, che invece non vuole l’Ucraina come suo problema interno: la distruggerà, dopo di che imporrà delle condizioni. Altrimenti affronterà una guerra ancora più devastante.
L’idea che si stia facendo largo di un piano di pace ucraino è propagandistica oppure può essere una strada percorribile?
È un’idea innanzitutto propagandistica, perché Zelensky nel suo piano vuole coinvolgere più Paesi possibile. Ma le sue proposte sono sempre le stesse, sono quelle di tornare ai confini del 1991. Se si dovessero aprire i colloqui ci dovrà essere qualcuno che cominci a dire: “Prendiamo atto di quello che è successo dal ’91 in poi e non dal 24 febbraio 2022”. L’Intenzione di Zelensky è di avere tutto il supporto della Nato, di nazioni che non vi fanno ancora parte, degli Usa, dell’Unione Europea, del Canada: li vuole tutti con sé. Il fatto è che, a partire dagli Stati Uniti, a parole gli possono dire di andare avanti, ma quando bisognerà mettere un accordo nero su bianco occorrerà discutere con la Russia.
All’incontro in Moldavia non c’era la Turchia, che però fa parte della Nato: Erdogan vuol continuare a tenere il piede in due scarpe come ha fatto finora?
Erdogan vuole essere l’ago della bilancia, pensa alla Turchia come elemento di stabilizzazione e di equilibrio. Il suo interesse non è tanto rivolto all’Europa, ma a tutto il Medio oriente. E all’Oriente. La crisi economica della Turchia è anche conseguenza del fatto che la sua espansione verso l’Oriente adesso è ferma. Vuole prendere il controllo dal punto di vista economico ma soprattutto ideologico di tutte le popolazioni di lingua turca, che arrivano fino alla Mongolia.
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