Sono arrivate ieri a Madrid le delegazioni che prenderanno parte al vertice Nato in programma il 29 e il 30 giugno che si tiene ogni dieci anni per definire le linee strategiche del decennio successivo. Ovviamente con la guerra in corso in Ucraina ogni attenzione si sposta per forze di cose all’Europa dell’Est. In agenda infatti anche l’adesione di Finlandia e Svezia all’Alleanza atlantica, ma anche, per la prima volta, la presenza in qualità di osservatori speciali, di Giappone e Sud Corea, segno che l’altro fronte, quello Indo-Pacifico, è altrettanto “caldo”. 40 paesi partecipanti e più di 5mila delegati, inclusi alcuni dei massimi leader mondiali.
“Il vertice” ci ha detto il generale Giuseppe Morabito, molte missioni all’estero, membro fondatore dell’Igsda e del Collegio dei direttori della Nato Defense College Foundation “deve trovare un indirizzo per affrontare gli attuali problemi di sicurezza e contestualmente approvare il Concetto strategico 2030, che andrà a sostituire quello approvato dieci anni fa in un’analoga riunione in Portogallo, e darà il via alle azioni da intraprendere nel prossimo decennio”.
Lei ha parlato di tre principi che verranno discussi nel vertice: la deterrenza integrata, la generazione di una potenza di combattimento credibile comprese le forze nucleari, e la necessità di creare un vantaggio duraturo sfruttando la supremazia nelle tecnologie emergenti. Nel concreto cosa significa? Nuove armi nucleari?
Non si intende, a mio parere, la crescita quantitativa dell’attuale armamento nucleare a disposizione, ma mantenimento in modo “efficiente e credibile” di quello che è già disponibile. Nella Nato (ricordo che è una alleanza politica dotata di uno strumento militare) sono tre i Paesi che dispongono di armi nucleari: Stati Uniti, Francia e Regno Unito. L’obiettivo sarebbe quello di non ridurre ulteriormente, come fatto in passato, questo armamento, ma di mantenerlo efficiente e soprattutto deterrente. C’è in atto una sfida come non accadeva dai tempi della Guerra fredda, non a caso proprio nelle scorse ore il vicepresidente del Consiglio di Sicurezza russo Medvedev ha minacciato che se la Nato interverrà in Crimea sarà terza guerra mondiale.
Una provocazione: la Nato non interverrà certamente, come non è intervenuta fino a oggi, no?
Certo, ma la Russia ama “sventolare” ogni tanto la minaccia nucleare. Per questo durante il G7 il primo ministro inglese Boris Johnson ha ironizzato con un “mostriamo anche noi i muscoli”. Cosa che si può fare anche solo mantenendo efficienti e pronte sia l’attuale struttura di difesa sia l’armamento nucleare a disposizione.
Quello che appare chiaro è che la Nato intende rafforzarsi. In conferenza stampa il segretario Jens Stoltenberg ha annunciato l’aumento da 40 a 300mila uomini delle forze di risposta rapida. Non sono pochi.
La Nato è un’alleanza difensiva e forza di reazione rapida: non significa soldati dislocati sul terreno, significa quanto tempo ci mette ogni Paese della Nato a mettere a disposizione in modo efficace le proprie truppe. Le forze armate dei singoli Paesi in caso di crisi dovrebbero essere impiegabili in 15 giorni o meno.
Questo per l’Italia cosa significa?
Significa avere forze armate (soprattutto l’Esercito) maggiormente pronte all’impegno e mettere a disposizione i poligoni per fare addestramento. L’esercito deve essere preparato, ci vuole un cambio politico davanti a quelle prese di posizione ideologiche per cui non si possono fare esercitazioni in certe zone utili per fare addestramento dinamico, ad esempio, come la Puglia e la Sardegna.
Politici e opinione pubblica non saranno molto contente, le sembra?
Non sono un politico, sono un militare. La situazione di crisi attuale in cui versa l’Europa richiede una buona aliquota delle forze dei Paesi Nato potenzialmente capaci di intervenire. E per far ciò ci vuole addestramento, mezzi e fondi adeguati. Tanto è vero che nelle dichiarazioni pre summit si è convenuto che l’Alleanza continuerà inoltre a migliorare e adattare la sostenibilità, la dispiegabilità e l’interoperabilità delle sue forze. I piani nazionali di sviluppo delle capacità sosterranno la piena e tempestiva generazione di tali capacità, in linea con il processo di pianificazione della difesa occidentale.
Si dice che il vertice approverà un comando militare strategico nell’Europa orientale. Che ne pensa?
Aveva, purtroppo, ragione chi diceva che il fronte orientale sarebbe diventato quello centrale per la Nato. Soprattutto se, come mi auguro, Svezia e Finlandia entreranno subito nell’Alleanza (ieri sera Erdogan ha ritirato il veto, ndr) il centro geografico e gravitazionale si sposta a nordest. Bisognerà adattare la struttura di comando e controllo alla situazione nell’Europa orientale. Questo sarà un problema per l’Italia, perché il nostro fronte principale rimane quello sud del Mediterraneo e del Nordafrica con il continuo aumento dei flussi migratori. Un’immigrazione clandestina incontrollata alimentata dagli effetti negativi della guerra con la sua globalizzazione delle emergenze, crisi del grano in primis, non deve farci trovare isolati e impreparati.
Considerando che la Russia ha invaso l’Ucraina “fregandosene” di qualunque possibile reazione, questa Nato che capacità reale di deterrenza ha? Mosca ha paura o no dell’Alleanza atlantica?
La Nato ha basato sulla deterrenza l’importantissima fase di pace dal dopoguerra ad oggi. La Russia, a mio parere, non farà mai nulla per provocare la reazione della Nato (attivazione articolo 5 del trattato – difesa collettiva) perché sa che in una guerra convenzionale sarebbe perdente. I russi brandiscono l’arma nucleare come ultima possibilità.
Inoltre noi in questi mesi abbiamo potuto osservare l’esercito russo in azione e vedere cosa vale davvero.
Infatti. Tornando però alla domanda sull’importanza oggi della Nato, i russi sanno che uno scontro non è praticabile a meno che non si scelga la via del nucleare. Il nucleare mette tutto in pari, è una livella, come diceva Totò. Potrebbero usare un’arma nucleare tattica in una zona semi deserta dell’Ucraina per dire “guardate che siamo pronti a usarla”.
Analisti internazionali prevedono che nelle prossime due settimane potrebbe essere raggiunto davvero il punto culminante nell’attuale fase della guerra. È così?
Se osserviamo la ritirata messa in atto dall’esercito ucraino per non farsi accerchiare, è evidente che la Russia sta raggiungendo l’obiettivo minimo che si era prefissa, le due province del Donbass e il corridoio con la Crimea. Secondo ultime voci, compreso l’Onu, si starebbe sbloccando la situazione del blocco del grano. Tutto questo fa pensare si vada verso un cessate il fuoco e delle trattative. In tutte le guerre l’avvicinarsi del cessate il fuoco coincide con il momento più duro dei combattimenti, perché ogni parte vuole farsi trovare con il massimo possibile del territorio controllato prima del cessate il fuoco.
(Paolo Vites)
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