Caduto il muro opposto dalla Turchia, Svezia e Finlandia entrano ufficialmente a far parte dell’Alleanza atlantica. È il primo obiettivo raggiunto dal summit che si tiene a Madrid commentato con orgoglio da Biden con una frase significativa: “Putin voleva il modello Finlandia per l’Europa. Invece ottiene il modello Nato”. Non solo: aumenteranno le truppe a disposizione sul fronte europeo orientale così come l’impegno di Germania e Italia, che metteranno a disposizione le loro basi.
Tutto questo a discapito del cosiddetto fronte sud, quello del Mar Mediterraneo, che ci tocca in prima persona e che sembra non interessare ai vertici Nato, come ci ha detto in questa intervista il generale Giorgio Battisti, già comandante del corpo d’armata di Reazione rapida della Nato in Italia e capo di stato maggiore della missione Isaf in Afghanistan: “Se si legge il testo della pre conference del segretario dell’Alleanza Jens Stoltenberg, ci sono solo due righe alla fine dedicate al Mediterraneo”. Che invece è un fronte caldo: “Nuove ondate migratorie causate dalla crisi alimentare, jihadismo in piena espansione, russi che controllano il gas dell’Algeria e truppe russe in Libia”.
Come prevedibile, da quanto emerge dal summit della Nato, grande attenzione e aumento di mezzi e strategie per quanto riguarda l’Europa dell’Est. Non si è sentito praticamente nulla per un fronte altrettanto caldo e che interessa noi italiani da vicino, quello del Mediterraneo.
È così. Il timore di molti opinionisti e analisti italiani è che con la guerra sul fronte orientale e con l’ingresso di Svezia e Finlandia nella Nato e infine la possibilità che venga costituito un comando strategico che si occupi di eventuali operazioni in quel fronte, si tralasci il fronte del Sud Europa.
In cosa consiste esattamente il nuovo piano strategico per l’Europa orientale?
Intanto è stato stabilito che gli attuali otto “battle group” che vanno da 800 a mille uomini verrebbero portati al livello di brigata da 3mila a 5mila uomini. Questa attenzione per il fronte orientale rischia di far sì che il fronte del Mediterraneo venga disatteso.
È un grave errore?
È un grosso problema non solo per la questione della Libia e di altri paesi instabili del Nordafrica, è un problema anche per la questione energetica per la quale abbiamo incrementato i rapporti con i Paesi del Magreb e dell’Africa subsahariana. C’è poi il problema alimentare, che il grano possa mancare in un Paese come l’Egitto e altri, dove la popolazione praticamente vive di cereali. E questo può creare un ulteriore incontrollato flusso migratorio.
Ciò che è successo ai confini con la Spagna nei giorni scorsi è stata una avvisaglia di quanto potrà accadere?
Sì. I Paesi più esposti sono Spagna, Francia, Italia e Grecia. Spero che nel summit emergano che come conseguenza diretta della guerra in Ucraina ci sarà un flusso maggiore di migranti e anche la questione delle energie diversificate. Se l’Algeria subisce problemi di instabilità ne va a scapito della regolarità dei flussi. Inoltre non va dimenticata l’espansione del terrorismo jihadista che ormai si è installato dal golfo della Guinea al Mozambico passando per il Sahel.
Algeria che è alleata strettissima con Mosca…
Infatti, l’impresa che si occupa dell’estrazione del gas che compreremo è russa.
E la presenza militare russa in Libia.
E anche in Siria. Inoltre Mosca sta facendo accordi con il Sudan per il controllo del Mar Rosso. Senza dimenticare la costante espansione cinese.
Ma l’Italia ha la capacità strategica di controllare da sola questo fronte?
Spero che Draghi, che è un politico esperto, sappia far valere il punto di vista dei Paesi meridionali dell’Europa, se no daremo solo risorse per il Nordest europeo. Già nel 2013 prima Obama e poi Trump spingevano affinché l’Italia assumesse un ruolo attivo in questa zona. Dal punto di vista qualitativo e professionale abbiamo tutte le capacità. Abbiamo una marina militare all’avanguardia nel mondo, ma tutto sta nella volontà politica. Tutti a parole si dicono convinti che il fronte Sud debba essere quanto meno tenuto sotto controllo con maggior attenzione, ma se non c’è la volontà e cerchiamo sempre il paravento dell’Unione Europea i problemi ricadono su noi e Spagna.
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