“Questo vertice Ue-Celac è stato come un nuovo inizio tra vecchi amici. Questi sono tempi di grandi cambiamenti geopolitici e amici come l’Ue e i partner dell’America Latina e dei Caraibi devono avvicinarsi. È quello che stiamo facendo con la nuova Agenda di Investimenti Global Gateway, con la quale investiremo più di 45 miliardi di euro nella regione. Vogliamo portare benefici alle comunità locali e creare filiere a livello locale nella regione. Questo è lo spirito del nostro partenariato”. Così la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha in pratica chiuso i lavori della sessione che lunedì e martedì scorso ha riunito a Bruxelles i capi di Stato sia dell’Ue che della Celac, la Comunità degli Stati dell’America Latina e dei Caraibi.
Se Cristoforo Colombo fosse stato presente si sarebbe ammazzato dalle risate, sostenendo che lui l’America l’aveva scoperta circa 520 anni fa, quindi molto prima che la Presidente Ue facesse le sue dichiarazioni. Sì, perché la relazione tra il Vecchio continente e l’America Latina è quasi sempre stata di una superficialità quanto meno disarmante e basata, tranne che nel caso “storico” dovuto al cordone ombelicale che la lega alla Spagna, anche su una serie di stereotipi più degni del personaggio di José Carioca dei fumetti di Walt Disney che di una conoscenza seria.
Chi scrive frequenta il Continente latinoamericano dal 1977, quando “sbarcai” in quel dell’Avana abbagliato dal “personaggio” Che Guevara (come tantissimi) per poi tornare in Italia due mesi dopo completamente disilluso e con una visione molto diversa su di un personaggio che ancora gode di un’epica mediatica totalmente falsa. Da lì, però, iniziò la mia esplorazione e vissuto (che continua al giorno d’oggi) con un Continente che non può non entrarti nel cuore per tante ragioni, ma che è pure sinonimo di problemi passati e presenti che non gli hanno mai permesso un decollo economico in sintonia con le sue possibilità.
E qui veniamo al dunque, cioè tocchiamo il tasto del discorso, totalmente fasullo secondo me, della più disastrosa Presidente che la Ue abbia avuto, in sintonia pure l’altrettanto pessima direttrice della Banca centrale europea. Perché sono ormai vari decenni che mi chiedo come mai le relazioni tra i due Continenti non si siano mai prese in considerazione e sopratutto l’Europa abbia sempre considerato il Sudamerica alla stregua di un’Africa più “divertente”… e sopratutto come mai ora, improvvisamente, si sia messa sulle tracce di… Cristoforo Colombo.
Semplice: perché l’Ue sta attraversando la peggior crisi della sua storia (anche precedente alla sua creazione, con buona pace di Spinelli & c. che con il loro fantastico “Manifesto di Ventotene” avevano capito meravigliosamente tutto nel 1943) e si è solo ora resa conto come, in tutti questi decenni durante i quali alle varie crisi latinoamericane faceva orecchio da mercante (ma senza esserlo), l’America Latina rappresenta un bacino di risorse sia energetiche che minerarie di primaria importanza, visto che sarebbe stato sufficiente studiarsi un po’ il personaggio Putin e l’evoluzione del Drago Cinese per capire come il Vecchio continente, dal punto di vista di approvvigionamento energetico e agricolo, avrebbe avuto dei seri problemi.
E ora ecco inventarsi la boutade della “riscoperta” dell’America, dimenticandosi però di un “piccolo” particolare: Cina e Russia già da molti anni hanno messo piede in quella parte del mondo e stretto “accordi” a modo loro. Magari vuoti dal punto di vista della sintassi e del discorso, ma estremamente pratici da quello sia politico che economico. Soprattutto fornendo appoggio militare ai regimi dittatoriali e populisti in cambio dello sfruttamento delle risorse dei loro Paesi: cosa che accade da anni in Venezuela, Nicaragua e Argentina, tanto per citare alcuni casi.
Diversi anni fa, per esempio, la Cina risolse il problema del deficit della regione Patagonica del Neuquen, in Argentina, in cambio non solo dello sfruttamento di 280.000 ettari di territorio da adibire alla coltivazione della soia (prodotto importantissimo per l’economia del Paese, anche se il 70% si utilizza come mangime per maiali) e di un punto dove costruire un porto per il trasporto del prezioso vegetale. Ma non solo, la Cina in quel 2015 chiese anche di poter installare nei 200 ettari della località Bajada del Agrio una vera e propria base militare, costruita con il pretesto dell’esplorazione spaziale, ma che da allora permise alla Cina il controllo di tutto il traffico satellitare nello spazio.
Oltretutto in questi decenni, come ripetiamo, l’Ue raramente ha posto la sua attenzione anche politica nel Sud del mondo, permettendo o chiudendo un occhio sui regimi del tipo venezuelano o nicaraguense. Non per nulla ha sorpreso in molti che a rappresentare il Venezuela, visto che su Maduro pende un mandato di cattura internazionale, sia stata presente la Vicepresidente Delcy Rodriguez, un personaggio indubbiamente di basso livello democratico, visto che l’Ue fino a oggi la considerava persona non grata.
Ma la due giorni di relazioni Ue-Celac ha anche permesso a diversi Presidenti appartenenti al populismo latinoamericano di fare propaganda affinché l’Ue non solo tolga l’embargo al Venezuela (che esiste in maniera molto teorica ed è facilmente aggirabile, come la stessa nostra Italia ha dimostrato), ma si allontani dagli Usa: almeno così ha detto il Presidente brasiliano Lula nel suo intervento.
Il tutto perché i rappresentanti latinoamericani hanno capito benissimo che l’Europa sta vivendo una crisi ormai gravissima, dovuta ai suoi errori e alle sue valutazioni errate del mondo. Il tanto decantato “primer mundo”, meta spesso inavvicinabile per molti latinoamericani e leggenda metropolitana tramandata da generazioni, si sta ormai… latinoamericanizzando.
Già dieci anni fa, in una riunione tra i due organismi perfettamente identica all’attuale, l’Ue sparò promesse di aiuti che poi non si realizzarono, se non in minima parte, mantenendo inalterate le distanze tra i due Continenti anche perché l’Ue ha sempre guardato a Oriente, sbagliando. Ora è venuto il momento di fare sul serio, ma pare ormai che i tempi siano largamente scaduti in favore delle due potenze orientali che hanno saputo cogliere la situazione al volo, oltretutto peggiorando le condizioni in molti Paesi del Sudamerica che ora sono governati da populismi che amano tanto i poveri da… moltiplicarli.
Noi italiani dovremo rimpiangere Fanfani, che negli anni Sessanta fu fervente sostenitore dello sviluppo delle relazioni tra il nostro Paese e l’America Latina fondando l’Ilia, l’istituto Italo-Latinoamericano che avrebbe dovuto avere una funzione importantissima nelle relazioni economico-politiche con un Continente a cui eravamo, e siamo legati, pure culturalmente: ma purtroppo, come nel caso Mattei per l’Africa e Adriano Olivetti per il mondo del lavoro, questi geni furono soffocati da una politica già allora ignorante in materia. Ed ecco qui a vivere una crisi che si sarebbe potuta benissimo evitare se si fosse usata la testa…
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