Siamo arrivati al giorno del Consiglio europeo chiamato a esprimersi sul Next Generation EU, nome che la Commissione ha trovato per il Recovery fund, potenziato dai 500 miliardi di euro inizialmente previsti da Francia e Germania a 750 miliardi. Il Governo italiano punta molto su questo vertice e sulle risorse che potranno arrivare da Bruxelles e il Premier Conte ha detto che sta lavorando “affinché l’Europa non disperda il patrimonio di credibilità e iniziativa politica che ha accumulato negli ultimi mesi, grazie al contributo determinante dell’Italia”. C’è però da vincere la resistenza dei cosiddetti “Paesi frugali”, a cui si sono aggiunti anche quelli di Visegrad, senza dimenticare che in Germania la maggioranza della Cdu/Csu vorrebbe si tornasse ai 500 miliardi iniziali. Per Francesco Forte, ex ministro delle Finanze e per il Coordinamento delle politiche comunitarie, «non c’è nessuna di queste parti che sia veramente contro il Recovery fund».



Allora andrà tutto liscio, arriverà il disco verde all’iniziativa della Commissione europea?

In realtà ognuno di questi Paesi sta di fatto cercando di mercanteggiare per ottenere un risultato pro domo sua. A differenza degli Stati Uniti, l’Europa è una struttura incompiuta, con una democrazia imperfetta, visto che il Parlamento eletto dal popolo ha poteri limitati, e una banca centrale circoscritta all’Eurozona, mentre la Commissione riguarda tutta l’Ue. In questo quadro è difficile già raggiungere un risultato coerente anche quando si è tutti d’accordo, perché si devono mettere insieme strutture che tra di loro non sono coerenti. Il vertice non sarà quindi risolutivo, si continuerà a costruire una tela complicata.



Quali sono gli interessi più importanti in campo?

Principalmente abbiamo da un lato la Germania, preoccupata per l’esistenza propria e di quella dell’Ue. Siccome ha molte risorse, ma una debolezza bancaria storica, sta cercando in tutti i modi di tenere insieme questa rete europea. In particolare, ha bisogno dei Paesi mediterranei. La Francia, invece, non ha questa visione generale, va per conto suo. Non c’è più quindi quell’unione franco-tedesca di una volta, forse favorita dalla presenza di un “nemico” come la Gran Bretagna.

Nella stessa Germania, però, la maggioranza della Cdu-Csu chiede di ritornare ai 500 miliardi originari del Recovery fund.



A parte la quantità, la Germania vuole fare una politica fiscale seria, mentre altri vogliono fare solo una politica di debiti. Non dobbiamo dimenticare che i tedeschi sono prudenti, ma in ogni caso vogliono una politica fiscale strutturale, per cui i debiti sono mirati agli investimenti. Altri invece sono propensi a concedere debiti lasciando che siano poi i singoli Paesi ad arrangiarsi.

Quanto sta dicendo sembra legarsi al tema, piuttosto discusso, della condizionalità che sarebbe prevista per l’uso delle risorse che potrebbero arrivare da Bruxelles. Su questo cosa pensa?

Guardi, la condizionalità c’è sempre. L’errore che fanno in molti è dimenticare che la condizionalità è nel sistema, nel Fiscal compact, che non è stato abolito. In Europa abbiamo una Costituzione fiscale che riguarda i limiti al debito e soprattutto al deficit. Questa Costituzione europea non è stata abrogata e quindi continua a essere vigente indipendentemente dai vari fondi che vengono costituiti.

Il Governo italiano sembra giocarsi molto in questa partita europea.

Il problema italiano è ideologico, nel senso che nessuno dei due principali partiti di governo ha una concezione dell’economia che vede i debiti finalizzati agli investimenti. C’è invece l’idea che stimolando la domanda di consumi si possano automaticamente generare investimenti e sviluppo. Si tratta di una visione limitata, che dimentica che senza gli investimenti il risparmio rimane inattivo o se ne va all’estero in cerca di rendimento. Una politica di soli bonus, senza investimenti e una programmazione in anticipo, in senso non dirigistico, ma per poter mettere a punto strategie anche di politica industriale su un certo arco di anni, non può risolvere i problemi strutturali del Paese, che si affrontano invece con gli investimenti.

Se il vertice europeo non sarà risolutivo, quali conseguenze politiche ci saranno in Italia?

Non ci vorrà molto perché si arrivi a una soluzione in ambito europeo, ma l’Italia non ha ancora il piano necessario per ricorrere al Recovery fund e sembra non se ne voglia parlare fino a settembre. Il problema è che non c’è concordia nel Governo: i democratici hanno un’idea, giusta o sbagliata che sia, costruttiva, mentre i pentastellati hanno solo idee negative o approssimative. Questo risulta evidente su temi economici importanti, come la vicenda delle concessioni autostradali, dell’Ilva, per la quale potremmo pure usare i fondi europei per la riconversione green, o dei cantieri che restano fermi: non ci sono decisioni. Il problema è che il Pd ha bisogno di M5s per stare al Governo, mentre Conte sembra giocare una partita tutta sua, quindi l’esecutivo non ha nessuna dottrina tranne quella di campare alla giornata. Con un dettaglio che sta facendo peggiorare la situazione.

Quale?

La ragione per cui l’Inps è in ritardo nei pagamenti è banale: mancano i soldi in cassa. 

Motivo per cui si dovrà fare, come qualche esponente del Governo ha già detto, altro deficit.

Sì. Il vero problema politico è che il Pd ha paura che gli si spacchi in mano il Governo, non vuole che si ripeta quanto accaduto con il Conte-1, quando Salvini a un certo punto non ha più retto ai veti dei 5 Stelle. Non credo ci siano alternative al Governo di unità nazionale in attesa del voto anticipato, ostacolato anche dal rischio di una seconda ondata di contagi di coronavirus. Questo Governo però non sarebbe come quello tecnocratico a guida esterna Pd di Monti, ma un vero esecutivo di unità nazionale che esprimerebbe una maggioranza di centrodestra. Se poi il leader fosse uno come Draghi sarebbe trasversale ed è quel Conte teme di più, perché finirebbe per restare escluso insieme ai 5 Stelle. Del resto tutti gli altri partiti vogliono sviluppo e non finire nelle mani della Cina.

(Lorenzo Torrisi)

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