VESCOVI DEL BELGIO IN VISITA DA PAPA FRANCESCO: “CI HA ASCOLTATO”
Prosegue la rassegna in Vaticano della “visitatio ad limina apostolorum” (sulle tombe degli apostoli, ndr) dei vescovi sparsi in tutto il mondo: Papa Francesco dopo aver incontrato nelle scorse settimane le Conferenze Episcopali di Germania e Olanda, ha incontrato dal 21 al 26 novembre i vescovi del Belgio per fare il punto sulle questioni cruciali. Gli 11 vescovi belgi hanno portato all’attenzione del Santo Padre e dei Dicasteri vaticani i frutti «del percorso nazionale sul tema della sinodalità, ma anche il tema dell’accoglienza e «la preghiera per le coppie omosessuali, alla luce dei passi compiuti dalle diocesi fiamminghe verso le coppie omosessuali».
Come ha scritto ai suoi fedeli l’ausiliare di Bruxelles, mons. Jean Kockerols, prima dell’incontro con papa Francesco, «La Chiesa nel nostro Paese ha cambiato volto, a volte molto velocemente, in un contesto secolarizzato. Questo pone delle vere sfide». La presa di posizione dei vescovi fiamminghi (ovvero i soli vescovi di lingua olandese in Belgio) sulle benedizioni alle coppie gay – in contrasto con quanto ribadito anche di recente dal Vaticano – ha fatto certamente molto rumore nella Chiesa belga: i vescovi francesi del Belgio non si dicono contrati, ma preferiscono procedere diocesi per diocesi per l’adozione di una simile “pastorale delle persone omosessuali”, dunque non una vera e propria benedizione. «Con i collaboratori di Francesco non siamo sempre d’accordo, ma ci siamo sentiti rispettati e ascoltati», fa sapere al termine della visita “ad limina” il cardinale Jozef de Kesel, arcivescovo di Bruxelles.
I TEMI DISCUSSI DAI VESCOVI DEL BELGIO IN VATICANO: PRETI SPOSATI, DONNE DIACONO E…
«Abbiamo parlato di coppie omosessuali, abbiamo parlato di viri probati (ovvero di uomini sposati ma dalla comproprovata fede ordinati sacerdoti, ndr), abbiamo parlato dell’eventualità del diaconato delle donne», prosegue il cardinale in visita da Papa Francesco assieme agli altri 10 componenti della Conferenza Episcopale del Belgio. Temi controversi, dopo tutto gli stessi promossi anche dal lungo Sinodo dei vescovi in Germania, ma con una distanza che è parsa nei toni molto meno netta rispetto alla recente visita della Conferenza Episcopale tedesca. «Benedizione coppie gay? Certo che ne abbiamo parlato, io stesso ne ho parlato, sono stato molto contento di aver potuto parlarne», spiega Jozef de Kesel in un incontro all’ambasciata belga presso la Santa Sede, riportata oggi da “La Repubblica”.
«Quel che abbiamo voluto fare è stato strutturare un po’ la pastorale, in modo che in ogni diocesi all’interno dell’équipe per pastorale famigliare ci sia qualcuno che si occupa del problema. A Roma ne abbiamo potuto parlare e ci siamo sentiti ascoltati: questo non significa che il mio interlocutore è per forza d’accordo con me, ma abbiamo potuto discuterne. Dobbiamo aiutare queste persone, se non le aiutiamo sono perse», conclude il cardinale arcivescovo di Bruxelles. In merito al tema dirimente della castità, i vescovi del Belgio si dicono certi di una cosa: «Si può chiedere a queste persone di vivere nella castità? Bisogna essere realisti… ho letto una presa di posizione al riguardo del presidente dell’istituto pontificio Giovanni Paolo II per la famiglia, monsignor Phlippe Bordeyne, secondo il quale nessuno può essere privato della benedizione di Dio». La Chiesa belga fa sapere di essersi sentita ascoltata e guidata dal Papa e dalla Curia romana, «mi sono sentito ascoltato e rispettato. Mi immagino che non tutte le persone con cui abbiamo parlato condividano la mia opinione. Ma serve discernimento, questa è una problematica nuova che si impone, serve tempo», aggiunge de Kesel. Il Cardinale ha infine osservato come rispetto alle due precedenti visite “ad limina” nel 2003 con San Giovanni Paolo II e nel 2010 con Papa Benedetto XVI, «Constato un cambiamento di atmosfera all’interno della Curia romana: anche allora c’erano degli scambi, ma il presidente di ogni dicastero parlava a lungo per spiegare qual era il suo punto di vista e la nostra responsabilità. Questa volta ci siamo sentiti ascoltati, non perché i dicasteri romani non avessero nulla da dire ma avevano anche il desiderio di capire qual è la nostra situazione. ‘Abbiamo anche da imparare da voi’, ci è stato detto».