Negli scorsi giorni la Conferenza episcopale degli Stati Uniti (Usccb) ha approvato a larghissima maggioranza il documento sull’Eucaristia, intitolato Mistero dell’Eucaristia nella vita della Chiesa. Il documento è centrato sul rilancio del magistero cattolico sulla Comunione e dà il via a una serie di incontri sull’importanza dell’Eucaristia per i cattolici. La campagna durerà tre anni e culminerà con un Congresso eucaristico nazionale a Indianapolis nel giugno 2024.
La riunione della Conferenza era stata preceduta da un vivace dibattito sulla possibilità di negare la Comunione a politici cattolici in favore dell’aborto, come il presidente Joe Biden e Nancy Pelosi, presidente della Camera dei deputati. In giugno, i vescovi avevano approvato a larga maggioranza l’inclusione nell’ordine del giorno di una sezione riguardante la “coerenza eucaristica” dei politici cattolici. Vale a dire, la possibilità di accedere all’Eucaristia di quei credenti che, ricoprendo cariche pubbliche, sostengono legislazioni favorevoli ad aborto, eutanasia, unioni tra persone dello stesso sesso.
Il documento approvato negli scorsi giorni, tuttavia, non contiene riferimenti diretti all’aborto o a politici, ma sottolinea la “speciale responsabilità” dei personaggi pubblici cattolici a conformare le loro posizioni “alla fede e alla morale della Chiesa” e di riconoscere e promuovere la vita dei non nati. La cautela del documento è dettata dalla volontà di evitare un’aperta divisione nell’episcopato, ma la formulazione utilizzata lascia liberi i vescovi di agire secondo la propria coscienza. Inoltre, si è voluto evitare una politicizzazione della questione, come la definizione dei vescovi in termini di categorie politiche, tipo conservatori e progressisti.
Sotto questo aspetto è significativa la lettera scritta a giugno da 60 Democratici cattolici in contrapposizione al documento dei vescovi, con l’invito a non negare la Comunione a Joe Biden. La lettera sostiene che la separazione tra Chiesa e Stato permette che la fede sia alla base dell’attività pubblica e del miglior servizio ai cittadini e che non bisogna trasformare l’Eucaristia in un’arma politica. Evidenzia poi come la minaccia di negare la Comunione non sia stata usata per quei legislatori che sostengono altre politiche contrarie all’insegnamento della Chiesa, come la pena capitale, le limitazioni ai poveri o i provvedimenti contro i diritti e la dignità dei migranti.
Una lettera aperta ai vescovi è stata inviata, lo scorso settembre, anche dal cardinale Roger Mahony, arcivescovo emerito di Los Angeles, intervistato poi all’apertura della riunione della Conferenza da Vatican News. Il cardinale, sottolineando il concetto della separazione tra Chiesa e Stato, evidenzia la difficoltà per un legislatore, o un giudice, cattolico di prendere tutte le proprie decisioni sulla base della dottrina della Chiesa cattolica. Il documento più importante emesso prima della recente riunione dei vescovi è senza dubbio la lettera del cardinale Luis Francisco Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede, inviata lo scorso maggio al presidente della Usccb, José Gomez.
Nella lettera, il cardinale delinea un processo di consultazioni tra i vescovi che porti a una decisione comune, essendo la preoccupazione maggiore, che traspare nella missiva, il mantenimento dell’unità tra i vescovi. Viene ribadito che “coloro che sono direttamente coinvolti negli organi legislativi hanno il grave e chiaro obbligo di opporsi a qualsiasi legge che attacchi la vita umana”. Si riafferma però che “Sarebbe fuorviante se si desse l’impressione che aborto e eutanasia da soli costituiscano le uniche gravi questioni della dottrina morale e sociale cattolica”. Pertanto, i vescovi dovrebbero giungere a una decisione univoca su come i politici cattolici debbano comportarsi nelle loro funzioni e instaurare con essi un confronto sulle singole posizioni. La Conferenza episcopale sembrerebbe, quindi, aver seguito il modello proposto dal prefetto.
Il problema di fondo rimane, dato che viene ribadito l’obbligo per i legislatori cattolici di opporsi all’aborto, definito apertamente dal Papa un omicidio. Anche tra i cosiddetti “progressisti” si sottolinea la necessità di ridurre il ricorso all’aborto, ma ciò si scontra con la definizione dell’aborto come diritto costituzionale della donna. Sarebbe decisamente antidemocratico limitare, o addirittura impedire, l’esercizio di un diritto costituzionale ed è questa la posizione degli abortisti. Posizione che sembra accolta da Biden, come presidente se non come uomo, visto che dichiara di essere personalmente contrario all’aborto.
Quindi, come presidente risponderebbe alla Costituzione e come uomo e cattolico alla dottrina della Chiesa. Una posizione che mi sembra umanamente molto difficile da sostenere, che comporta uno sdoppiamento insopportabile della persona. Un problema che con l’avanzare della “cultura dei nuovi diritti” sarà sempre più esiziale per i cattolici che vorranno assumere responsabilità politiche.
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