Le vespe samurai non possono più essere usate per proteggere i frutteti dalle cimici. Tutta colpa di un problema burocratico non da poco. L’autorizzazione concessa per un triennio, infatti, non è più valida. Questo perché la competenza è passata dal Ministero dell’Ambiente a quello della Transizione ecologica. L’automatismo era stato dato per scontato, anche perché il problema è piuttosto urgente, visto che le cimici sono già nei campi e i frutticoltori non vogliono perdere tempo. Le vespe samurai al momento sono l’unico rimedio efficace contro le cimici asiatiche che anneriscono e danneggiano la frutta nei territori del centro-nord, ma ora bisogna attendere il passaggio dei documenti. Qualcosa comunque si è mosso negli ultimi giorni per provare ad accelerare i tempi. Il presidente di Alleanza Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri, ad esempio ha inviato a Roberto Cingolani, ministro della Transizione ecologica, una lettera chiedendo l’autorizzazione con urgenza all’immissione delle vespe samurai nell’ambiente per prevenire l’insediamento e la riproduzione delle cimici asiatiche.



VESPE SAMURAI CONTRO CIMICI: LETTERA A CINGOLANI

C’è dunque un “pressing” per sollecitare il Ministero della Transizione ecologica all’adozione di un decreto che fornisca tale autorizzazione, che era stata rilasciata lo scorso anno con un Decreto ministeriale del 9 giugno 2020. «Le cimici non aspettano i ritardi della burocrazia», il commento di Giorgio Mercuri, riportato dal Sole 24 Ore. Il rischio è che un’autorizzazione tardiva riduca in modo determinante l’efficacia di questa soluzione, «in una fase in cui nei campi c’è già una situazione di estrema criticità legata alla diffusione della cimice asiatica». Alla richiesta di rinnovo che è stata inviata sono stati allegati i risultati del primo anno di sperimentazione. L’immissione delle vespe samurai nell’ambiente ha, infatti, prodotto effetti positivi non solo riguardo il contenimento dell’insediamento delle cimici asiatiche, ma anche per quanto riguarda tutela e conservazione ambientale. Il mese scorso anche Lombardia, Piemonte, Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e le Province autonome di Bolzano e Treno hanno scritto a Cingolani ponendo lo stesso problema.

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