NEW YORK – Questo è stato il 29esimo anno in cui abbiamo camminato sul Ponte di Brooklyn per ricordare la passione e la morte di Nostro Signore Gesù Cristo. In realtà è stata la 27esima volta, perché nel 2020 e nel 2021, a causa del Covid, la via Crucis è stata annullata. Finora ho partecipato a tutte.

Quest’anno il presidente Biden era in città. Per questo motivo la polizia di New York ha impedito al cardinale Dolan di raggiungere Brooklyn a causa dell’aumento delle misure di sicurezza.



Il vescovo Brennan, della diocesi di Brooklyn e del Queens, ci ha accompagnato per tutto il percorso, dalla Cattedrale di San Giacomo a Brooklyn attraverso il ponte fino al Municipio e infine nel distretto finanziario. Le sue meditazioni semplici e personali ci hanno fatto entrare più profondamente nel dramma della passione e morte di Nostro Signore.



Nella cattedrale la musica del coro di Comunione e Liberazione, diretto da Christopher Vath, ha aiutato le 800 persone, in piedi in attesa, a prepararsi a camminare per tre miglia in silenzio. Questo silenzio era palpabile anche quando siamo usciti dalla cattedrale nel frastuono del paesaggio urbano.

Gli addetti al servizio d’ordine di CL, tutti amici di età compresa tra i 10 e i 60 anni, guidano le persone mentre avanziamo. Sembra una danza molto coordinata, con il nastro che si apre per segnare i confini attraverso i quali ci muoviamo.

Il Vescovo si ferma per rilasciare un’intervista alla stampa. Una giornalista osserva di essere impressionata dalla partecipazione di tanti giovani. Lui le risponde che è importante per noi tramandare la nostra tradizione ai giovani. Infatti un sacerdote del Queens porta 40 giovani adulti a partecipare alle attività parrocchiali della Settimana Santa.



Ci spostiamo sul ponte in modo silenzioso e costante. Quest’anno sono io a portare la croce per la prima tappa del nostro viaggio. Una decina di macchine fotografiche scattano quasi all’unisono. Si concentrano soprattutto sulla croce, ma anche sulle circa mille persone che seguono. Il significato di una croce sul ponte di Brooklyn sembra ancora un po’ degno di nota!

in questi quasi trent’anni per me è sempre stato un momento mozzafiato quando lo skyline di New York di fronte a noi emerge e la croce si muove verso di esso, per poi essere incorniciata dalle arcate gotiche delle torri del ponte. È questa, infatti, l’ispirazione originaria dell’evento: don Giussani, il fondatore di Comunione e Liberazione, una volta osservò che l’unica cosa che mancava a quegli archi era una croce.

La Statua della Libertà, simbolo della libertà nell’era moderna, è visibile in lontananza sulla sinistra. Tuttavia, la croce che seguiamo attira la nostra attenzione più profondamente in questo giorno santo e promette una libertà diversa.

Io sono un ebreo convertito, e c’è un altro simbolo che mi colpisce. Attraversiamo l’East River. Penso a Mosè che attraversa il Mar Rosso: Un viaggio dalla schiavitù alla libertà, ancora una volta.

Una volta arrivati alle torri del ponte siamo accolti da centinaia di persone, per lo più turisti. Si genuflettono; una persona grida “Amo Gesù”.

Da quando è scoppiata la pandemia, NYC è stata l’epicentro di molte proteste, alcune diventate violente, tutte per lo più politiche: dal 7 ottobre anche contro la guerra in Terra Santa. La polizia di New York sembra sempre riconoscente nei nostri confronti, poiché questa camminata non è una protesta, ma una pacifica affermazione silenziosa di un’altra posizione di fronte all’attuale confusione in cui ci troviamo tutti noi esseri umani.

La croce è stata consegnata a Giancarlo Diaz, un padre di tre figli originario del Perù. Una delle nostre famiglie lo ha conosciuto nell’ambito di un’opera di carità. Nell’ultimo anno sono arrivati in città ben 100mila immigrati. Giancarlo la porta al Municipio dove la consegna a Wilfre Vasquez, un uomo di 25 anni ed ex detenuto, incontrato dai nostri amici nella casa di reinserimento sostenuta dall’Arcidiocesi di New York.

Dalla City Hall si può vedere il fiume di persone che scorre verso di noi all’uscita del ponte. Sembra una scena epica di un film religioso di Cecil B. De Mille con 10mila comparse, ma è reale.

Dal coro, dove canto, guardo verso i tanti volti in preghiera. Abbiamo il privilegio, come newyorkesi, di vedere questo incredibile segno di unità all’interno di una tale diversità. Mi commuovo anche per lo stupore che provano i miei amici che aiutano ad organizzare questo evento. Sembra un nuovo inizio per la nostra piccola comunità.

Alla stazione finale, mentre viene letto il Vangelo della morte di Gesù, le sirene urlano a un volume assordante.  La vita di strada di New York continua, ignara dell’evento che salva il mondo.

Il coro termina il canto finale. Il vescovo Brennan parla con una gratitudine mai sentita prima nei confronti del movimento di CL. Elogia il servizio reso alla Chiesa e al popolo di New York nel continuare questa tradizione di espressione pubblica della Passione di Cristo. Ma soprattutto ci sentiamo abbracciati da lui, come credo lo sia anche da noi. Il Vescovo è stato anche entusiasta di invitare i seminaristi di Brooklyn a partecipare.

Una generazione più giovane si sta ora assumendo la responsabilità di questo evento. e ne sono molto grato. Tuttavia, da veterano, ho trovato l’opportunità di portare ancora una volta la croce in un profondo momento di preghiera e di connettermi all’amore incondizionato di Gesù per me stesso, per i miei amici e al bisogno di perdonare come sono stato perdonato. Sono provocato ancora una volta ad affermare che questa è l’unica via verso la pace nel nostro mondo.

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