Il 27 aprile il giornale kazako Tengri News ha pubblicato nella sua versione online la notizia che la nota attrice Chulpan Khamatova ha lasciato la Russia dichiarando: “Impossibile fingere che la vita continui”. Nell’intervista che segue, l’attrice, che ora si trova a Riga, afferma: “Io sento un dolore incredibile. Questo è qualcosa che un gran numero di persone sentono come me. Molti che ne hanno avuto l’opportunità se ne sono andati. Molti che non hanno avuto tale possibilità sono rimasti e continuano a provare lo stesso dolore per quello che sta accadendo in Ucraina, per quella guerra disumana iniziata dalla Russia. Non dalla Russia, ma da Vladimir Putin e dal governo russo. Anch’io faccio parte della Russia, questo è il mio Paese e lo amo. Ma non accetto categoricamente ciò che la mia Patria sta facendo per conto mio”.



Nell’articolo la Khamatova confida il suo timore per le conseguenze che possono derivare sulla sua scelta a carico dei suoi amici. Certo l’attrice non è l’unico personaggio famoso che si è dissociato dall’iniziativa del governo russo. Altri, molto meno famosi di lei, sono stati arrestati dopo manifestazioni di dissenso, come la nostra amica Elisaveta, che fu ospite da noi durante il suo periodo di studi passato a Milano.



D’altra parte questi esempi dimostrano, come recentemente ha affermato il presidente Mattarella, che non tutti i russi sono nostri nemici. Neanche quelli che, o per disinformazione, o per il timore delle conseguenze sembrano essere d’accordo con l’“operazione speciale”. Penso soprattutto a tanti giovani che rischiano, come molti loro predecessori del secolo scorso, di essere trascinati dalle false rappresentazioni del potere in un vortice di cui è difficile uscire, e uscire con dignità. Il totalitarismo, di qualunque colore, nasce in modi e forme diverse, che non è giusto paragonare, ma quasi sempre ha un’unica conseguenza: la distruzione della coscienza della persona, quindi della persona stessa.



In questo senso mi piace ricordare la figura di quello che è forse il più popolare cantautore e poeta del periodo sovietico e di quello attuale, Andrej Makarevich. Dopo aver condiviso l’entusiasmo per la “Perestroika” di Gorbaciov, dopo essere andato a cantare per la libertà davanti alla Duma occupata dagli ultimi nostalgici comunisti, da tempo è diventato il cantore della disillusione di molti davanti alla situazione dell’attuale nuova Russia. Soprattutto dopo l’annessione della Crimea e l’inizio delle ostilità nel Donbass, ha preso più volte posizione contro il governo russo, suscitando la sua decisa reazione. Molti suoi concerti sono stati annullati, uno clamorosamente interrotto da gruppi di “teppisti” che lo hanno minacciato e che in qualche modo sono stati giustificati dal capo dell’amministrazione del presidente Viacheslav Volodin, che ha spiegato questi fatti come il frutto di una perdita della popolarità dell’artista.

Il quotidiano Izvestia, dopo un concerto a Slavyansk, lo ha accusato di “ispirare i militari [ucraini] ad uccidere i civili [russi]”.

Della grande produzione di Makarevich mi piace ricordare la canzone Malitva (preghiera), non perché abbia accetti particolarmente religiosi, che non si addicono al personaggio, ma perché mi sembra dica molto della situazione in cui oggi si trovano molti russi. Ecco il testo:

Fratellino, apri gli occhi
il cielo è stato coperto dal fumo di un incendio.
È chiaro, padre che sta nei cieli
che io non sono più in me stesso.
Signore, mi ascolti?!
Io non conosco le preghiere
ma se questo mi può essere d’aiuto
le imparerò.
Noi è come se fossimo inciampati nel cammino
noi che siamo figli tuoi
per che cosa ti sei così arrabbiato
contro i tuoi stessi figli.
Io richiamerei a me l’amore
nel nostro mondo impazzito
ma là, dove viveva l’amore
ci sono solo le tracce delle ferite.
L’odio abbaglia gli occhi
e fa scrivere solo marce militari
altro non possono udire
le nostre orecchie.
Signore, dacci una chance
per ritornare a quello che c’era.
Noi abbiamo violentato il mondo
e noi stessi
Signore tu ci ascolti?!
Fai qualcosa
per i tuoi piccoli figli
sfortunati!

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