A breve il governo dovrà prendere una chiara decisione in merito al rinnovo degli accordi sulla via della seta, il memorandum siglato tra Giuseppe Conte e Xi Jinping che doveva rafforzare la collaborazione commerciale e strategica tra Italia e Cina. Giorgia Meloni aveva già dichiarato al G7 che non intende rompere i legami tra i due paesi su economia e sicurezza ma allo stesso tempo occorre tutelare gli interessi delle aziende nazionali, tutto ciò con molta cautela e senza incrinare il rapporto diplomatico con Pechino.
Uno dei nodi da sciogliere poi riguarderebbe la questione Pirelli. Come riporta oggi il quotidiano Libero, il governo sta valutando anche l’opportunità di attivare la Golden Power, cioè la procedura di vietare una parte della partecipazione a maggioranza cinese per salvaguardare il marchio italiano. Oltre a questo il mancato rinnovo potrebbe ulteriormente prevenire ulteriori scalate dalla Cina nell’acquisizione di altre imprese. In questo modo l’Italia sarebbe perfettamente in linea con il pensiero comune dell’occidente, che sta imponendo regole sempre più rigide contro l’espansionismo di Pechino.
Via della seta, Antonio Selvatici “Mollare Pechino è un’opportunità”
L’Europa si sta sempre più discostando dalla politica cinese, vuole a tutti i costi cercare di trovare una sorta di indipendenza dal monopolio delle materie prime e invertendo la rotta anche sui microchip e importazioni di prodotti tecnologici. Anche l’Italia potrebbe presto fare la sua parte non rinnovando gli accordi sulla via della seta. Il docente del Master di Intelligence Economica presso le Università di Firenze e di Roma Tor Vergata, Antonio Selvatici, ha commentato sulle pagine di Libero la questione spiegando che “mollare Pechino è una condizione fondamentale per rinnovare la collaborazione con gli Usa, oltre che un’opportunità per rafforzare la competitività dell’Italia in Europa“.
D’altronde, afferma il professore “gli Usa non si fidano più della Germania, perché la considerano troppo filocinese e filorussa. Inoltre Berlino, oltre alla credibilità politica, ha perso anche competitività sui mercati da quando le sue industrie non pagano più il gas a prezzi inferiori rispetto ai concorrenti italiani. Tant’è che ultimamente il nostro Pil sta crescendo più di quello tedesco“.