Quando torneremo a viaggiare liberamente come accadeva prima dell’avvento della pandemia da Coronavirus? È questa la domanda che si pongono i “frequent travellers” (ma pure gli occasionali, se è per questo) e una risposta non è facile da dare perché, se da un lato l’orizzonte di un vaccino fa pensare che nel 2021 le cose potranno cambiare, dall’altro è oramai evidente a tutti che il Covid-19 modificherà per sempre le nostre abitudini di viaggio, gli standard di sicurezza e i protocolli. È per questo motivo che da tempo di parla, non senza polemiche e di distinguo doverosi fatti dalle autorità competenti, di un passaporto sanitario per poter viaggiare in tutto il mondo nella fase di convivenza con la pandemia: come è noto in Italia la questione era stata sollevata dal Governatore della Regione Sardegna, scatenando alcune polemiche dato che secondo alcuni sarebbe andato contro la libera circolazione prevista dalla Costituzione. Tuttavia la questione del “Digital Heath Passport” rimane sul tavolo e all’estero c’è chi la sta affrontando da tempo per garantire ai viaggiatori l’idoneità a spostarsi, ridando così ossigeno al comparto turistico.
PASSAPORTO SANITARIO PER COVID? ECCO COSA ACCADE ALL’ESTERO
Innanzitutto, è bene chiarire i termini della questione quando si parla di passaporto sanitario o, per far riferimento al tema, di un Covid Passport: in generale ci si riferisce a un documento digitale che consentirà di viaggiare liberamente a livello internazionale e che prende spunto da quel documento sanitario adottato dalla Danimarca a luglio per far sì che turisti e businessmen potessero muoversi in tutta sicurezza (in quel caso, va ricordato, il documento aveva validità per una settimana e attestava che il possessore era negativo al Covid-19). Da allora sono diversi i progetti portati avanti nel mondo sull’esempio del Paese scandinavo per dare vita a un passaporto che non solo possa essere riconosciuto a livello internazionale e non solo locale, ma abbia anche un QR Code e che garantirebbe che il titolare è idoneo al viaggio dopo apposito tampone, altri esami e, quando sarà disponibile, anche la relativa vaccinazione. Al momento, tuttavia, vanno annoverate anche proposte di compromesso come i voli Covid-free proposti da alcune compagnie aree estere oppure il progetto “CommonPass” proposto dal World Economic Forum che si avvicina molto al concetto di passaporto sanitario.
SPERIMENTAZIONE IN UK E USA DEL “DIGITAL HEALTH PASSPORT”
Nell’attesa di sviluppi in tal senso, si può citare il caso del Regno Unito dove da qualche tempo il “digital health passport” è in fase di trial presso lo scalo aeroportuale londinese di Heathrow, considerato il più trafficato d’Europa e uno dei primi al mondo. Questo documento digitale è stato introdotto in via sperimentale su alcuni voli diretti a Newark-Liberty (New Jersey, USA) e si inserisce nel contesto della ricerca di uno standard internazionale in materia di viaggi Covid-safe: i passeggeri vengono sottoposti a un test a Londra fino a 72 ore prima del volo, completando anche dei questionari di screening una volta atterrati negli Stati Uniti; i risultati vengono poi inviati su una app per smartphone che sarà sottoposta a uno scan dalle autorità aeroportuali di frontiera senza la necessità di dover esibire tanti documenti o scartoffie mediche. L’idea, come accennato, si avvicina a quella del “CommonPass” testato dalla United Airlines e dalla Cathay Pacific Airlines per far sì che i viaggiatori Covid-free o comunque vaccinati possano spostarsi col minimo disagio e accertare digitalmente in pochi secondi il proprio stato di salute.