La Polizia di Stato ha deciso di diffondere in queste ore il video della sparatoria avvenuta due giorni fa all’interno e all’esterno della Questura di Trieste per far luce su quanto avvenuto in quei minuti convulsi che hanno portato alla terribile morte dei due agenti Matteo Demenego e Pierluigi Rotta. Nelle immagini delle telecamere di videosorveglianza, si vede il killer 29enne cominciano, Alejandro Meran, intento a fuggire dalla Questura sparando all’impazzata ad altezza uomo: con due pistole in mano spara prima verso il piantone (dove viene lui stesso ferito) e poi si dirige verso l’esterno cercando di aprire invano la portiera di una volante. In seguito, si vede ancora nel video inquietante diffuso questo pomeriggio, si avvicina verso la Panda della Squadra Mobile puntano le pistole mentre l’auto fa velocemente retromarcia: spara verso gli altri 7 poliziotti, prima di essere preso definitivamente. Secondo il capo della Polizia, Franco Gabrielli, ha commentato «un plauso ai colleghi della questura Trieste. Abbiamo pagato un prezzo altissimo, ma la professionalità dei colleghi di Trieste ha impedito che la dimensione della tragedia fosse molto più ampia. L’assassino aveva due pistole in mano e a 150 metri dalla questura c’è piazza dell’Unità d’Italia e se l’assassino l’avesse raggiunta avremmo pagato un prezzo più alto».
QUESTURA DI TRIESTE, IL VIDEO E GLI SPARI
Lo stesso Gabrielli, dopo la diffusione del video nella Questura triestina dove si vedono con chiarezza i tentativi frenetici del Meran per scappare uccidendo più poliziotti possibili, rivela «Non c’è correlazione tra l’ipotetica inefficienza della fondina e l’episodio che ha visto la morte dei colleghi della questura di Trieste». Mentre le indagini proseguono, sul tema degli approvvigionamenti, Gabrielli sottolinea «il problema esiste perchè abbiamo finanziamenti schizofrenici e siamo perennemente in affanno», ma quanto avvenuto a Trieste appartiene all’ambito dell’imponderabile «Quando si esercita un pietoso giudizio negativo sull’operato di questi ragazzi, ci si dimentica del contesto in cui è avvenuto il fatto; si parla di una persona che aveva rubato un motorino, non di una cosa più grave. Assurdo – conclude – è termine consono per questa vicenda». In merito invece alle polemiche politiche che hanno seguito il dramma di Trieste, Gabrielli taglia corto «Ho passato 15 mesi a spiegare che la Polizia non è di Salvini o della mia cara amica e collega Lamorgese. E’ un’istituzione del Paese e se la lasciamo al riparo da queste etichettature facciamo un piacere al Paese».