La FINA, la Federazione internazionale di nuoto, ha bocciato la Soul cap, una cuffia da indossare prima di immergersi in acqua, e studiata appositamente per mantenere i capelli delle persone di colore asciutti. Secondo la commissione che si occupa di varare le regole per il nuoto, queste cuffie non possono essere utilizzate in quanto «non seguono la forma naturale della testa». In poche parole, non riescono ad aderire perfettamente al cranio, come avviene per le cuffiette classiche, di conseguenza, sono state vietate.
Una decisione che ha lasciato l’amaro in bocca agli atleti, che si sono detti «molto dispiaciuti», a cominciare da Alice Dearing, la prima nuotatrice nera a rappresentare la Gran Bretagna alle prossime olimpiadi, convinta che molte ragazzine di origini africane lascino il nuoto proprio per via dei propri capelli, che essendo molto voluminosi e secchi, possono essere danneggiati in maniera seria dal cloro presente nelle piscine. A ideare la Soul cap è stato Toks Ahmed, che ha spiegato che la cuffia “aiuta i giovani nuotatori e nuotatrici a sentirsi inclusi senza rinunciare alla propria cultura. È un incentivo soprattutto per le giovani donne nere ad avvicinarsi al nuoto e ad abbattere gli stereotipi sulla scarsa attitudine dei neri a questa disciplina”.
SOUL CAP VIETATA DA FINA: “DISINCENTIVERA’ A PROSEGUIRE”
Proprio per questo la decisione della FINA, secondo Ahmed, “Disincentiverà molte ragazze e ragazzi a proseguire l’attività quando dalla scuola nuoto passeranno all’agonismo. Come possiamo promuovere – si domanda lo stesso – la partecipazione e la rappresentatività nel nuoto agonistico se le stesse istituzioni impediscono di mettere a disposizione degli atleti appartenenti alle minoranze un abbigliamento adeguato?”.
Amareggiata anche Danielle Obe, membro fondatore della BSA, la Black Swimming Association, che interpellata dal Guardian ha sposato la tesi di Ahmed, sottolineando come tale scelta della FINA rischia di aumentare la diversità all’interno dello sport. “Inclusività – spiega – significa rendersi conto che nessuna forma della testa è ‘normale'”