«Cari fratelli e sorelle, dopo il grande Papa Giovanni Paolo II, i signori cardinali hanno eletto me, un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore»: era il 19 aprile 2005 e così si presentava al mondo Papa Benedetto XVI, un discorso breve e accorato che diede subito il “segno” di cosa e come volesse intervenire nella testimonianza di Gesù per la Chiesa il grande teologo Joseph Ratzinger. Umiltà e preghiera, ma anche alcuna remora nel testimoniare la verità anche davanti ad un mondo che non proprio si sarebbe dimostrato “gioioso” nell’accogliere il magistero dell’ormai Papa Emerito.



Quella “vigna” fu però il fulcro della testimonianza di Ratzinger e oggi torna di stretta attualità per via della “guerra” tra le Vigne papali nei Giardini di Castelgandolfo: a raccontarla è il Messaggero con l’attenta vaticanista Franca Giansoldati, con il buon rapporto tra Bergoglio e il Papa emerito che fa da contraltare ad una misteriosa battaglia da “pollice verde” in salsa vaticana. Due anni fa i filari di vite della Vigna voluta da Papa Benedetto XVI vennero distrutti dall’oggi al domani per liberare spazio ad un mai partorito progetto edilizio: ora però, pare, si stia facendo spazio per un altro vitigno da un’altra parte della larga tenuta dei Giardini vaticani di Castelgandolfo. Una vigna questa volta autorizzata da Papa Francesco, quasi in “sostituzione” di quella sradicata e distrutta del Papa Emerito.



LA “GUERRA” DELLE VIGNE

Inutile dire come il bizzarro accadimento abbia sollevato diversi schieramenti sui “fronti” dei due Papi, come una sorta di “simbolo” del nuovo che vuole sopravanzare sul passato come accadrebbe in seno alla Chiesa stessa. Ma al di là delle presunte distanze tra i due modi di intendere e comunicare il Vangelo di Cristo nel proprio magistero, Ratzinger e Bergoglio sarebbero ben lontani dal centrare direttamente con le strade dinamiche interne al Vaticano. Racconta ancora il Messaggero come il vitigno voluto da Benedetto venne posto lì dopo la donazione della Coldiretti, proprio in riferimento al famoso discorso dopo le elezioni del 2005: «Si trattava di filari di Trebbiano che davano uva bianca e, sul lato opposto, filari di Cesanese di Affile, un rosso antico. I filari si distribuivano su una estensione di circa mille metri quadrati». Ora però quel vitigno tanto florido non c’è più e così pure la riserva di vini prodotte che serviva solo ad un utilizzo interno alla Santa Sede: al suo posto la nuova vite “di Papa Francesco”, gestita direttamente dal presidente dell’Associazione Enologi Italiani (nonché “enologo dei vip”) Riccardo Coratella e della Union International des Oenologues, due autentiche autorità in materia. Una “guerra” strana in cui l’umiltà di Ratzinger e la “semplicità” di Bergoglio sembrano c’entrarsi ben poco…

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