Non è certo la prima volta che l’Espresso si trova a contestare, attaccare e rilanciare notizie e scandali sulla figura di Matteo Renzi: ma dopo l’indagine e le perquisizioni ai finanziatori della Fondazione Open (che dal 2012 al 2018 provvedeva ai finanziamenti per le principali opere politiche dell’ex segretario Pd, oggi leader di Italia Viva), è proprio il settimanale del Gruppo GEDI a rilanciare la polemica già emersa lo scorso anno sulla villa di Renzi a Firenze. Ecco dunque tornare in “campo” i colleghi de l’Espresso Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian: «Un prestito ricevuto dalla madre di un imprenditore che ha finanziato la fondazione Open, nominato in una società pubblica durante il governo di cui Matteo Renzi era premier. Denaro utilizzato per comprare la villa immersa tra le colline fiorentine. È l’intrigo che avvolge la casa di Matteo Renzi, acquistata un anno fa, nella prime settimane del neonato governo Conte 1». Le vicende della “famosa” casa da 1,3 milioni di euro erano finite nella curva della polemica, ma ora riemergono sotto luce diversa dopo l’indagine su Open e sul mediatore d’affari amico di Renzi, Marco Carrai (oggi indagato proprio con l’avvisa di aver pagato le spese ai parlamentari del Pd): all’interno di una dichiarazione patrimoniale depositata al Senato, Renzi segnala la proprietà del 50 per cento della nuova casa (mentre l’altra metà è intestata alla moglie Agnese Landini), anche se alcuni giornali hanno raccontato all’epoca che i Renzi «avevano pagato ai venditori una caparra di 400 mila euro, e acceso un mutuo con il Banco di Napoli per i restanti 900 mila».
LA DIFESA (E L’ATTACCO) DI MATTEO RENZI
Secondo l’Espresso però vi sarebbe un’anomalia su quella compravendita: «Anomalie che emergono da alcuni documenti dell’inchiesta della procura di Firenze sulla renzianissima fondazione Open, informative della Gdf e l’analisi dei flussi finanziari di alcuni conti correnti segnalati alla Uif (l’ufficio antiriciclaggio della Banca d’Italia) dalla banca Cassa di risparmio di Firenze. Matteo e Agnese infatti hanno comprato la grande villa anche con i denari girati a loro dalla famiglia Maestrelli, ricchi imprenditori toscani amici e finanziatori della fondazione Open di Renzi». Contattato direttamente dall’Espresso, Renzi ha obbiettato immediatamente su quel presunto prestito da 700mila euro «Vi risulta il prestito e non vi risulta la restituzione? Non confermo e non smentisco nulla. Andremo in causa». In mattinata intanto era già emersa una e-news straordinaria in cui il leader di Italia Viva dalla difesa contro le polemiche delle opposizioni (e dello stesso Governo, in quota M5s) passa all’attacco della magistratura fiorentina: «centinaia di finanzieri hanno perquisito decine di persone perbene “colpevoli” solo di aver contribuito in modo trasparente e legittimo alla Fondazione OPEN (la fondazione che ha organizzato fino al 2017 la Leopolda). Tutti bonifici, tracciati, verificabili, dichiarati. In molti casi finanziamenti di anni fa, quando io ero sindaco. Due magistrati di Firenze, Creazzo e Turco, decidono di fare questa “retata” contro persone non indagate. Perché? Perché secondo loro OPEN non è una Fondazione ma un partito. E come partito ha regole diverse. Ma chi lo stabilisce? E i perquisiti come potevano saperlo? La Fondazione ha uno statuto, un cda, dei revisori, rispetta le regole delle fondazioni». L’attacco dell’ex Premier va contro quei due stessi magistrati che hanno già indagato i suoi genitori per un’altra vicenda legata alle proprietà della famiglia Renzi; «Se fondo un partito, lo decido io, non un magistrato. Altrimenti è in discussione il gioco stesso della democrazia. Io credo nella giustizia. Chiediamo garantismo contro il giustizialismo». In chiusura di E-news, Renzi chiosa ancora duramente «Noi abbiamo abolito il finanziamento pubblico ai partiti, questa indagine ha abolito il finanziamento privato a Italia Viva. Peccato, è un bel danno. Ma sono il primo a suggerire alle aziende di stare lontano da me: solo chi ha sprezzo del pericolo può finanziarci come azienda oggi».