Nella giornata di oggi Vincenzo Gualzetti sarà ospitato per la prima volta nello studio di Verissimo per parlare del dramma vissuto nel 2021 quando sua figlia Chiara venne brutalmente assassinata per mano di quello che considerava un amico e che ha stimolato in lui la volontà di avviare una personalissima battaglia per rendere le pene degli assassini coerenti alla brutalità dei reati commessi che l’ha portato ad aprire una vera e propria piattaforma ‘anti femminicidi’. Una storia – quella di Vincenzo Gualzetti – resa ancora più complessa dalla scomparsa della moglie Giusi nel luglio dello scorso anno al culmine di una lunga ed estenuante battaglia contro un tumore che si unito al già enorme dolore per la morte della figlia.



Partendo dal principio, prima di arrivare alla figura di Vincenzo Gualzetti è bene tornare indietro fino al 27 giugno del 2021 quando Chiara in mattinata uscì con un coetaneo conosciuto tre anni prima e che spesso era stato ospitato anche a casa sua, peraltro figlio di amici dei suoi genitori: quel giorno Vincenzo ricevette 16 telefonate dalla moglie che – rimasta a casa – si preoccupò quando non vide rincasare la figlia dopo diverse ore. Passarono 24 ore di estenuanti ricerche, fino a quando Vincenzo Gualzetti, Giusi e gli inquirenti non trovarono il corpo della giovane vittima mortalmente ferita a coltellate e brutalmente picchiata a calci e pugni.



La battaglia di Vincenzo Gualzetti: “Voglio insegnare ai giovani a socializzare”

Il killer di Chiara dopo aver brevemente mentito parlando sia con Vincenzo Gualzetti che con la madre Giusi confessò l’omicidio ricollegandolo ad una sedicente voce che sentiva nella testa – tesi poi esclusa dalle perizie psichiatriche – e per la famiglia Gualzetti si aprì il complesso iter giudiziario concluso con soli 16 anni di reclusione per il killer (nel frattempo divenuto maggiorenne): proprio in questa sentenza si inserisce la battaglia di papà Vincenzo che sogna un futuro in cui gli assassini che decidono “in piena lucidità” di togliere una vita passino “la vita in galera” ripagando – anche se solo parzialmente – “il danno” cagionato.



Di fatto la pena ridotta per il killer – aveva spiegato lo stesso Vincenzo Gualzetti – era in larga parte legata al fatto che all’epoca dell’omicidio fosse minorenne; mentre la scelta di aprire il centro anti femminicidi intitolato alla giovane vittima è legata al desiderio di “cambiare il sistema di socializzazione” insegnando ai giovani quei “valori” che mancano nel “mondo virtuale che molti vivono e che porta molta anaffettività”.