I milanesi assistono da qualche giorno ad uno psicodramma incomprensibile. La Commissione per le iscrizioni al Famedio in ben tre sedute non ha trovato un accordo sulla lista di personalità da iscrivere quest’anno tra i cittadini illustri e votando a maggioranza l’elenco proposto dalla presidente del Consiglio comunale Elena Buscemi ha rigettato le candidature di Vincenzo La Russa e di Luigi Amicone proposte dai consiglieri Mascaretti (FdI) e Forte (Milano Popolare). Il sindaco Sala ha commentato ieri la decisione dicendosi “sorpreso” dell’esclusione e di “non comprenderne i motivi”.
Ecco, piacerebbe anche a tanti milanesi che hanno conosciuto queste due personalità capire i motivi di questo ostracismo. Se per La Russa si può immaginare che il cognome dia fastidio a qualcuno e che una maggioranza di centrosinistra non voglia dare l’impressione di compiere un atto di piaggeria verso il fratello neopresidente del Senato, l’esclusione di Luigino Amicone non pare trovare alcuna giustificazione. Un tratto accomuna i due niet: la loro comune appartenenza alla cultura politica cattolico-popolare. Vincenzo La Russa infatti del Movimento Popolare è stato se non uno dei fondatori uno dei primissimi aderenti: nato politicamente alla scuola di Gino Colombo, si spostò ben presto nell’area di Forze Nuove al seguito del Senatore Vittorino Colombo e quando Roberto Formigoni fondò il Movimento Popolare vi aderì tra i primi, insieme ad Alberto Garocchio, Giuseppe Zola, Costante Portatadino, Andrea Borruso e tanti altri.
Non c’è proprio nulla dunque nella storia politica di “Vincenzino”, come lo chiamavano gli amici di partito (ma lui non amava il diminutivo), che lo possa affiliare in qualche modo alla destra, neppure alla destra democristiana. Se Antonio Iosa, esponente storico della sinistra Dc milanese e fondatore del Circolo Perini, fosse ancora tra noi potrebbero confermarlo. Nel 1992 da consigliere comunale La Russa votò perfino per l’elezione a sindaco di quel Piero Borghini che seppur da indipendente va annoverato come l’unico sindaco meneghino uscito dalle fila del Partito comunista. Dunque perché – a parte il cognome – La Russa sarebbe divisivo? Più divisivo di Franco Servello, senatore missino, nostalgico non pentito che è iscritto anch’egli al Famedio?
E di Luigino Amicone che dire se non della sua multiforme attività giornalistica e di polemista “trasversale”, scopritore degli inediti di Pasolini, amico al tempo stesso di Gad Lerner, di Vaclav Havel e di Lech Walesa? Perché rifiutare il Famedio ad una personalità per la quale il prossimo 21 ottobre si apriranno addirittura le porte dell’Aula di Palazzo Marino per un’inedita celebrazione postuma voluta proprio dal sindaco Sala?
Con il senno di poi il nome di La Russa avrebbe potuto essere avanzato da un esponente di un partito diverso da Fratelli d’Italia, partito nel quale “questo” La Russa non ha mai militato, ma è probabile che non sarebbe cambiato nulla. Si può invocare la giovane età della presidente Buscemi per aver confuso i ruoli e i percorsi politici dei fratelli La Russa: in effetti quando Vincenzo sedeva in consiglio comunale lei frequentava l’asilo e ha cominciato a far politica quando la Dc era già morta e sepolta da anni, ma questa scusa non vale per Amicone, con cui la Buscemi ha invece condiviso cinque anni di aula a Palazzo Marino.
La realtà è che i nomi di queste due autorevoli personalità del mondo cattolico milanese sono stati triturati nella guerra in atto nel Partito democratico milanese, dove tende a prevalere l’area massimalista e laicista votata alla cancel culture dell’identità cristiana. Dice nulla che il recordman di preferenze ed enfant prodige della sinistra milanese Pierfrancesco Maran sia stato retrocesso nella Giunta Sala 2 e non sia stato inserito tra i candidati al Parlamento nelle recenti elezioni? Dice nulla che le frizioni tra il sindaco Sala e il partito di maggioranza relativa sono sempre più frequenti ed evidenti? Ci piacerebbe sapere in proposito l’opinione di qualche esponente del Pd di estrazione cattolica come l’assessore Granelli o il consigliere Costamagna. Al momento, come dice Platone nel Fedro, “tacciono maestosamente”.
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