Vincenzo Muccioli e la sua storia sono al centro dell’appuntamento con Le Iene presentano: Inside in onda govedì 14 novembre e dal titolo “San Patrignano: Inferno o paradiso?”. Filantropo e fondatore dell’omonima comunità sorta tra le colline riminesi alla fine degli anni ’70, è morto nel 1995 dopo aver speso una vita intera nel grande progetto di recupero dei tossicodipendenti e dopo diverse controversie sul suo operato.



La fase embrionale della comunità di San Patrignano è datata 1978, quando Vincenzo Muccioli ospitò nella sua casa di campagna la prima giovane ospite, una ragazza tossicodipendente figlia di una coppia di amici. Il punto di partenza della longeva attività del centro fondato da Muccioli, che ben presto avrebbe accolto decine di persone con problemi di droga restituendole a una vita “pulita” e libera dalla tossicodipendenza. Da allora, migliaia di giovani hanno intrapreso il loro percorso rinascita attraverso l’inserimento nella comunità, diventata nel tempo un punto di riferimento nazionale e la più grande d’Europa.



Chi è Vincenzo Muccioli: la storia e la nascita di San Patrignano

Nato il 6 gennaio 1934, Vincenzo Muccioli si è spento il 19 settembre 1995 a Coriano. Tutti lo ricordano per essere il fondatore della comunità di San Patrignano, sorta nella sua proprietà terriera tra le campagne della provincia di Rimini nel 1978. 16 anni prima, Muccioli aveva sposato Maria Antonietta Cappelli, moglie con la quale ha avuto due figli, Andrea e Giacomo.

Nel corso della sua esistenza, Muccioli è finito spesso sotto i riflettori per il suo impegno e la sua intensa attività a favore dei tossicodipendenti. Un percorso non privo di controversie sul suo “metodo” di recupero che lo hanno visto finire per due volte alla sbarra.



Vincenzo Muccioli, le controversie e i processi

Il fondatore di San Patrignano ha affrontato due processi, il primo dei quali, noto come “Processo delle catene”, nel 1984 e concluso con la sua definitiva assoluzione dall’accusa di sequestro di persona e maltrattamenti per avere incatenato alcuni giovani ospiti della sua comunità. 10 anni più tardi, nel 1994, il secondo processo sfociato in una condanna a 8 mesi di reclusione per favoreggiamento e a un’assoluzione dall’accusa di omicidio colposo per la morte di Roberto Maranzano, avvenuta a San Patrignano.

Chiusi quei capitoli giudiziari, l’attività di Muccioli è proseguita fino alla morte avvenuta l’anno seguente. “Non si conquista la dignità pretendendo – ha sempre sostenuto nel corso della sua lunga attività al fianco dei tossicodipendenti –, ma rimboccandosi le maniche ed adoperandosi per ricostruirla, difendendola con il proprio lavoro. La droga è solo un sintomo dei mali di una società malata. Le molteplici cause di questa mortale minaccia per le future generazioni, si possono riassumere nell’assenza di una cultura della responsabilità, nella mancanza di un’abitudine a considerare i propri doveri come costitutivi dei propri diritti“.