La ‘ndrangheta ora trema: il boss del narcotraffico Vincenzo Pasquino ha deciso di collaborare della giustizia, ora è un pentito. Dopo i primi segnali, dal cambio del legale che lo aveva assistito a lungo alle perquisizioni dei carabinieri a persone coinvolte in indagini e procedimenti passati, è arrivata la conferma: la Gazzetta del Sud cita, infatti, alcuni verbali depositati all’udienza del processo Eureka in corso a Reggio Calabria.



Condannato a 14 anni e mezzo di carcere per ‘ndrangheta e traffico di droga, Vincenzo Pasquino ha cominciato a raccontare i retroscena del business che lo ha reso celebre, ricostruendo i rapporti con alcuni clan, raccontando vicende dal 2015 in poi, riferendo di incontri e summit anche in Sudamerica, fornendo elementi che potrebbero dare riscontro a quelli già racconti nell’operazione. Pasquino, arrestato dopo una lunga latitanza con il re della cocaina Rocco Morabito ed estradato dal Brasile, ora spaventa le cosche di ‘ndrangheta per le rivelazioni che può fare, visto che è cresciuto sotto l’ala della famiglia Agresta di Volpiano ed è diventato il broker della droga delle principali famiglie mafiose calabresi.



I SEGRETI DEI NARCOS E LA RETE INTERNAZIONALE DEL TRAFFICO DELLA DROGA

Sulle rivelazioni di Vincenzo Pasquino si è soffermato il sito calabrese lacnews24, spiegando che i contrasti tra i clan di Platì sono al centro delle prime dichiarazioni, in cui si sofferma sugli intoppi al business da miliardi. Ad esempio, i calabresi avrebbero rifiutato di pagare 180 kg di cocaina perché non di buona qualità, quindi fu necessario trovare un accordo per la perdita di quel carico: concordarono un successivo traffico di 100 kg di droga, ma quella vicenda ebbe strascichi pesanti nei rapporti tra le ‘ndrine e il Sudamerica. Infatti, ne aveva parlato anche in carcere con Rocco Morabito, il quale si mostrò stupito per il comportamento dei platioti. Comunque, in Brasile non ne volevano più sapere di loro, quindi fu chiesto a Vincenzo Pasquino di rivolgersi ad altri acquirenti in Calabria.



Per questo si rivolse al clan Nirta di San Luca: il pentito fece da garante per l’affare con cui bisognava importare 200 kg di cocaina dal Brasile, ma lì scoprì che volevano chiudere l’affare con altri due clan, Pelle “Gambazza” e Mammoliti. Comunque, i rapporti tra il clan di San Luca e i fornitori sudamericani si chiusero in modo tempestoso stando al dettagliato racconto di Vincenzo Pasquino, che rivela nuovi soggetti da non sottovalutare, i narcotrafficanti albanesi. Pasquino nel suo racconto ai magistrati ricostruisce come siano arrivati in Europa carichi enormi di cocaina acquistati dalla Calabria e forniti dal Sudamerica, con l’Europa che spesso era solo di transito per far arrivare la droga fino in Australia. A tal proposito, le sostanze stupefacenti venivano anche trasformate, travestite in mattonelle, per evitare brutte sorprese. Di fatto, la sua organizzazione criminale avrebbe coinvolto anche arabi, albanesi e marocchini, con affari che non si sono fermati neppur durante la pandemia.