Vino analcolico: in Italia cresvinocono i consumi
Sembra che in tutta Europa stia crescendo sempre di più il giro d’affari attorno al vino analcolico, e alle bevande alcool free o a bassa gradazione. A condurre un’analisi di mercato è stata Areté, azienda italiana con sede a Bologna specializzata proprio nel settore agroalimentare e nelle valutazione delle politiche nazionali per quanto riguarda il settore, che ha stimato appunto a quanto ammontano le vendite sia in Italia che in Europa.
Da tempo, d’altronde, nella maggior parte dei paesi europei il vino analcolico, e le bevande alcool free, hanno preso piede, mentre in Italia sembra che si tratti di un trend in crescita, ma ancora piuttosto circoscritto. Complessivamente, in tutta l’Unione Europea nel 2021 sono stati venduti 2,5 miliardi di litri analcolici, dal valore di 7,5 miliardi di euro. Escludendo la birra, i surrogati alcool free del vino sono valsi 322 milioni, mentre quelli dei superalcolici 168 milioni. Rimanendo in Italia, invece, le bevande alcool free, birra esclusa, sono valse ben 38 milioni (30 per il vino analcolico ed 8 per i superalcolici). Dati importanti, ma che se confrontati per esempio alla Francia sono piuttosto bassi. I francesi, infatti, hanno acquistato 78 milioni di euro di superalcolici alcool free, e 166 milioni di vini.
Il nodo legale dietro alle bevande analcoliche
Insomma, il vino analcolico, e le bevande alcool free, rappresentano ad oggi un nuovo mercato, che in Italia si sta sviluppando e che, secondo Areté, è destinato a crescere piuttosto rapidamente. Infatti, il trend stimato è di una crescita di almeno il 23% annuo da qui al 2026, basandosi sulle stime attuali di crescita nei vari paesi europei, prendendo ed analizzando i dati pubblicati dell’Euromonitor International.
Commentando la questione del vino analcolico e delle bevande alcool free, Enrica Gentile, Project Manager di Areté, ha detto che “le attese per i prossimi anni sono di crescita complessiva a due cifre, in particolare per vino e alcolici”. Importante in questo momento e contesto, però, sarebbe “un quadro normativo chiaro, a beneficio di consumatori ed operatori”. Infatti, a livello europeo non vi sarebbe una definizione chiara e condivisa di “bevande analcoliche”, rendendo la produzione, vendita ed etichettatura piuttosto complessa. “La possibilità di produrre vino analcolico”, spiega Gentile prendendo l’esempio dell’Italia, “è stata introdotta dalla più recente riforma PAC”, ma di contro “è vietato etichettare come gin, vodka o whisky bevande che ne imitano il sapore“.