Per dirla con un gioco di parole, il Veneto sbanca il banco. La Repubblica della Serenissima ottiene i risultati migliori nello scoring relativo alla competitività della filiera vitivinicola, costruito sulla scorta dell’analisi condotta sulle Regioni del Vino da UniCredit e Nomisma. La regione ottiene infatti 89 punti rispetto a una media nazionale di 68, seguita da Toscana e Trentino Alto Adige (77), Piemonte (72), Sicilia (69) ed Emilia Romagna (68).



Il risultato complessivo ottenuto dal Veneto è spinto dalle brillanti performance registrate in particolare sul fronte delle dimensioni strutturali e produttive: è infatti la prima regione per estensione del vigneto, produzione di vino, numero di viticoltori. Ma non solo: il Veneto primeggia anche nel contributo al fatturato complessivo del settore (36%). E ancora, è la prima regione esportatrice con 2,5 miliardi di euro di vino venduto all’estero, pari al 35% dei 7 miliardi di euro esportati complessivamente dall’Italia nel 2021. 



L’analisi mette però in evidenza anche i brillanti risultati messi a segno da altre regioni. Dallo studio emerge infatti come la Toscana presenti la percentuale di valore aggiunto sul fatturato più alta (31%) tra le regioni. Un dato che indica la capacità di esprimere una maggior integrazione verticale delle imprese vinicole, nella produzione sia di uva che di vino. E ancora, dalla survey si rileva come l’Emilia Romagna esprima il fatturato medio per cooperativa vinicola più elevato (circa 37 milioni di euro per singola realtà), le Marche conquistino il primato per le aziende viticole specializzate con l’estensione media più rilevante (17 ettari di vigneto), mentre Veneto e Liguria vantino l’incidenza più alta di aziende viticole condotte da giovani (rispettivamente 17% e 13% del totale). Lo studio mette in luce inoltre come le regioni dell’arco alpino (Valle d’Aosta, Trentino Alto Adige e Piemonte) siano quelle che contano la percentuale più alta di produzione di vini Dop sul totale (oltre l’80%). Calabria e Marche mostrano invece l’incidenza più elevata del vigneto bio su quello regionale (39% e 36%).



Sul fronte delle performance di mercato, infine, la ricerca segnala come a livello nazionale la Toscana primeggi per incidenza nelle vendite di vini fermi Dop in Gdo (16% del valore totale), mentre la Valle d’Aosta evidenzi il prezzo medio più elevato a scaffale (12,3 euro/litro contro una media nazionale di 5,65 euro). Sul fronte dell’export, invece, la ricerca registra l’allungo di Lazio e Puglia: tra le regioni che vantano almeno 50 milioni di valore nelle esportazioni, sono loro a incassare l’incremento più significativo nel corso degli ultimi cinque anni, pari rispettivamente a +53% e +46%. 

“Lo studio che abbiamo realizzato sulle regioni italiane del vino – afferma Denis Pantini, Responsabile Agroalimentare e Wine Monitor di Nomisma – ha messo in luce le diversità e specificità che connotano i modelli produttivi a livello territoriale, ma che si trovano oggi ad affrontare un medesimo scenario di mercato, sempre più complicato e dominato da numerose incertezze. Uno scenario che richiede maggiori competenze, cambi nella cultura aziendale delle imprese e soprattutto nuovi strumenti a supporto dei produttori per affrontare questi cambiamenti”.

Nuovi strumenti che possono essere offerti innanzitutto dal quadro regolatorio. “Con la nuova PAC e il riconoscimento delle Organizzazioni Interprofessionali per area economica – spiega Paolo De Castro, europarlamentare e Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma -, abbiamo messo in sicurezza le norme sulla gestione dell’offerta, dando ai Consorzi di Tutela e ai territori vinicoli italiani importanti strumenti di programmazione produttiva; in questo modo, i produttori regionali di vini ad indicazione geografica avranno uno strumento in più a disposizione per affrontare le incertezze dei mercati”.

Ma a dare sostengo ai produttori è chiamato anche il sistema del credito. “Il settore vitivinicolo italiano – dichiara Niccolò Ubertalli, Responsabile UniCredit Italia – si trova oggi ad affrontare nuove e imprevedibili sfide, come testimoniato dagli imprenditori con cui ci siamo confrontati in 8 tavoli regionali in un percorso di avvicinamento al Vinitaly. Penso al contesto geopolitico, che ha prodotto un impatto per l’export di vino di oltre 400 milioni di euro per le imprese del nostro Paese, o all’impennata dei prezzi delle commodity. Per questo UniCredit ha deciso di intensificare il proprio sforzo a supporto del mondo del vino italiano che già oggi sosteniamo con impieghi per 900 milioni di euro. In questa logica rientra il plafond straordinario di 1 miliardo di euro da noi stanziato per aiutare le imprese agricole a far fronte alle crescenti spese correnti. Oltre a ciò, abbiamo elaborato soluzioni specifiche per il settore e per le singole realtà territoriali, come il programma ‘Basket Bond di filiera’, che ha portato UniCredit nei mesi scorsi a sottoscrivere, come prima tranche di un piano da 200 milioni di euro, obbligazioni emesse da imprese vitivinicole”.

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