Nei primi nove mesi del 2021, sul mercato domestico le vendite di vino crescono del +6,1% rispetto allo stesso periodo 2020, grazie soprattutto al forte impulso dato dagli spumanti che mettono a segno un aumento del +27,5%, trainati dalle tipologie Charmat secco e Metodo Classico. Gli spirits incassano un incremento del +8,4%. L’aceto balsamico registra una progressione del +4,3%. Ma non solo. Crescono anche le esportazioni, che fanno segnare incrementi più che robusti in molti mercati-chiave, spesso nell’ordine della doppia cifra percentuale. 



I numeri della filiera vitivinicola invitano a brindare. Ma non tutto è positivo come può sembrare. “I dati mostrano che i nostri comparti godono di buona salute – afferma la Presidente di Federvini, Micaela Pallini, commentando le evidenze emerse dall’Osservatorio Economico realizzato dalla Federazione in partnership con Nomisma e Trade Lab -, tuttavia sarebbe sbagliato concludere che tutto va bene. Purtroppo assistiamo a una recrudescenza della pandemia che, assieme alle tensioni inflazionistiche sulle materie prime e agli aumenti sui costi di trasporto, mettono in serio pericolo la crescita delle nostre aziende nel 2022. A ciò si aggiungono gli attacchi al Made in Italy attraverso l’introduzione di dazi o barriere normative e inaccettabili aggressioni alle nostre denominazioni”. E da qui l’appello. “Ci aspettiamo – dice Pallini – supporti concreti dalle nostre istituzioni: nella semplificazione amministrativa, nella promozione sui mercati internazionali e nella tutela delle nostre indicazioni geografiche che sono un grande patrimonio di tutto il Paese”. E questo alla luce del fatto che “assistiamo – nota Pallini – a un’offensiva internazionale nei confronti dei nostri prodotti, demonizzante e proibizionistica, che non distingue tra consumo corretto e abuso”.



Senza contare che i consumi di vini e spiriti nel canale fuori casa, penalizzato dai continui stop & go imposti dall’emergenza pandemica, non hanno ancora recuperato i livelli pre-Covid del 2019, anno rispetto al quale il 2021 fa segnare ancora una flessione -5%. 

I mercati internazionali

I nodi critici, insomma, non mancano. Ma va detto anche che per affrontarli il nostro Paese può fare leva sulle incoraggianti performance fatte registrare tra gennaio e settembre. A partire dall’export dei vini, dove l’Italia incassa un importante riconoscimento: è infatti il primo Paese per crescita di esportazione nel confronto 2021/2019.



Ottimo è, in particolare, il riscontro ottenuto negli Stati Uniti, dove con un +14,7% le esportazioni di vino italiano registrano un tasso di crescita rispetto al livello pre-pandemico (2019) più che doppio rispetto a quello fatto segnare dalla crescita dei vini spagnoli (+6,8%) e più che triplo rispetto a quello messo a segno dai vini francesi (+4,7%). Ma brillanti sono anche le progressioni registrate in UK (+6,1%), Germania (+9,4%), Canada (+15%), Russia (+27%) e Cina (+47,2%). 

L’Italia – nota l’Osservatorio – batte così la Francia in termini di quantità vendute, anche se, va ricordato, che Parigi resta prima per valore di esportazioni. Sui mercati internazionali, infatti, i vini italiani scontano, rispetto a quelli d’oltralpe, una differenza di prezzo che non trova giustificazioni sotto il profilo della qualità. I numeri, dice l’Osservatorio, parlano chiaro: mentre i rossi di Bordeaux escono dai confini francesi a 14 euro/litro, quelli piemontesi non vanno oltre i 9,4 euro, mentre i toscani non arrivano a 8 euro/litro. E a questa dinamica dei prezzi sono in parte accomunati anche gli spiriti italiani. Un limite che ci penalizza, dunque, e che deve essere presto superato: sui mercati internazionali – è l’auspicio dell’Osservatorio – l’eccellenza dei prodotti italiani dovrà essere meglio valorizzata anche e soprattutto sotto il profilo economico.

Ma le buone notizie non toccano solo il vino. Anche gli spiriti segnano una buona performance sui mercati internazionali facendo registrare nei primi 8 mesi dell’anno un export di 828 milioni di euro, in crescita del 22% rispetto allo stesso periodo del 2020. Si sono così superati i livelli pre-Covid, grazie in particolare alle ottime dinamiche di due eccellenze del Made in Italy: i liquori, che registrano tassi a doppia cifra negli Stati Uniti (+21%) Germania (+20%), Regno Unito (+43%) e Canada (+22%), e la grappa che corre in Germania (+30%), Svizzera (+27%), Austria (+18%), Canada (+48%) e USA (+46%).

Premiate le grandi aziende

I risultati ottenuti tanto in Italia quanto all’estero – rileva ancora l’Osservatorio – sono da imputare soprattutto alle imprese di grandi dimensioni. Dall’analisi effettuata sui bilanci del quinquennio 2015-2020 emerge infatti che nel comparto del vino le aziende con oltre 50 milioni di euro di fatturato hanno aumentato i ricavi del 22,1%, quelle tra i 10 e 50 milioni del 15,3% e quelle tra 2 e 10 milioni del 7%, mentre quelle sotto i 2 milioni hanno registrato una riduzione del 5,5%. E lo stesso vale nel comparto degli spirits, dove le imprese con oltre 50 milioni di euro di fatturato hanno fatto segnare un aumento delle vendite del 3,6%, quelle tra i 10 e 50 milioni del 5,8%, mentre quelle tra 2 e 10 milioni hanno registrato un calo del 3,9%.

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